Pd, Renzi: "Politica litiga, il mondo corre". Errani verso addio

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L'ex governatore dell'Emiliai con gli "scissionisti", ma da Palazzo Chigi assicurano: "Il suo posto di commissario post sisma non è in discussione". Partito diviso sulla data delle primarie, l'ex segretario punta al 9 aprile per andare al voto a giugno

Il Pd prova a rialzare la testa dal proprio caos interno e ad attrezzarsi alla sfida congressuale che, oltre a Matteo Renzi e Michele Emiliano (la scheda), vedrà in campo anche Andrea Orlando, mentre sullo sfondo resta l'incognita elezioni e i dubbi sulla durata della legislatura. Il segretario dimissionario è in California, per una serie di incontri nella Silicon Valley. "Il futuro - scrive sul suo blog - prima o poi, torna. E allora facciamoci trovare pronti: anziché litigare sul niente, proviamo a imparare da chi sta costruendo il domani prima degli altri". Intanto però il suo partito rischia di perdere un nome di peso. Vasco Errani, ex governatore dell'Emilia Romagna e attuale commissario per le zone colpite dal terremoto è dato tra i cosiddetti "scissionisti" del partito. 

L'addio di Errani - Interpellato sulla divisione in corso Errani non smentisce infatti le voci sul suo addio.  "Non rispondo a domande sul Pd" afferma e, a Bologna, dove viene intercettato dai cronisti, aggiunge di voler rendere nota la sua scelta sabato, nel suo circolo di Ravenna. Nello stato maggiore del Nazareno, tuttavia, danno la scelta per scontata: "Bersani ed Errani sono uniti da un vincolo umano prima ancora che politico. E' comprensibile che vada via assieme a Pierluigi". Nessun biasimo, tuttavia, trapela dai maggiorenti del partito. Anzi: Ettore Rosato, a chi gli chiede se l'uscita di Errani dal partito possa avere conseguenze sulla collaborazione con il Governo per la ricostruzione post sisma, risponde secco: "Ma scherziamo? Vasco Errani è una persona competente, esperta in materia, che sta facendo bene". Il suo ruolo, dunque, "non è in discussione". E d'altra parte, "non è stato nominato perché apparteneva al Partito Democratico". Una posizione che poi viene riaffermata anche da fonti di Palazzo Chigi. 

La data delle primarie - A livello organizzativo intanto il Pd valuta la data migliore per organizzare le primarie: Matteo Renzi starebbe spingendo per farle già il 9 aprile, l'ultima data utile per riuscire poi ad andare a elezioni anticipate l'11 giugno, in un election day con il voto amministrativo. Ma le altre anime del partito sono contrarie e vogliono dare maggior spazio ai tempi congressuali. Orlando ed Emiliano puntano ai primi di maggio mentre Cuperlo addirittura a luglio. Un possibile compromesso potrebbe dunque essere domenica 23 aprile, che farebbe però sfumare la possibilità del voto anticipato a giugno.  

Bersaniani al lavoro per la creazione dei nuovi gruppi - Problemi che ormai non riguardano più gli "scissionisti". Secondo altri rumors, i bersaniani, con 36 deputati e 12 senatori, stanno per dare vita a un nuovo gruppo che potrebbe chiamarsi "Movimento per una costituente della sinistra". Restano però dubbi sui numeri effettivi del nuovo soggetto politico. All'indomani dello strappo dal Pd, tra i deputati si registrano infatti dubbi e ripensamenti: Andrea Giorgis, che era accreditato come possibile capogruppo, decide per ora di restare nel Pd. Alla fine, sussurrano i Dem, non saranno più di 15 ad andare via. Ostentano tranquillità i bersaniani: "Adesioni oltre le aspettative", dice Nico Stumpo.  In ogni caso, al nuovo gruppo, che con tre o quattro deputati del Misto (come la ex Dem Michela Murgia), potrebbe arrivare fino a 40 esponenti, faranno parte anche gli ex di Sel: 17 deputati, da Scotto a D'Attorre. La loro, spiegano, è un'adesione politica al progetto di nascita di una nuova sinistra popolare e di governo. Il patto con i bersaniani sarà siglato su alcuni temi comuni, mentre agli ex Sel sarà garantita la libertà di continuare a non votare la fiducia a Gentiloni. Il gruppo comune dovrebbe essere annunciato venerdì, anche se c'è chi non esclude qualche giorno di slittamento.

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