Ddl Riforme, si rafforza il fronte per il Senato elettivo

Politica
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Presentati oltre 500mila emendamenti. Le proposte di modifica al disegno di legge sulla revisione della Parte II della Costituzione arrivano non solo dalla minoranza Dem, ma anche da M5S, Lega Nord, Forza Italia e Sel

513.450: è questo il numero degli emendamenti presentati al disegno di legge sulla revisione della Parte II della Costituzione. Il testo sulle riforme, all'esame della Commissione Affari Costituzionali, a settembre dovrà affrontare Palazzo Madama e quello che si prospetta un cammino difficile. Tra le modifiche richieste da più parti c’è l’elezione diretta del Senato, un nodo che ha creato un inedito fronte che vede insieme, tra gli altri, la minoranza Dem e Forza Italia.


Minoranza Dem chiede Senato elettivo - Il Pd ha presentato 63 emendamenti al ddl Boschi: alcuni, presentati dalla maggioranza del partito, riguardano cambiamenti che non incidono sullo spirito della riforma; altri (circa 17) sono stati presentati dalla minoranza e insistono soprattutto sulla possibilità di elezione diretta dei senatori. “Il Senato della Repubblica è eletto dai cittadini su base regionale, garantendo la parità di genere, in concomitanza con la elezione dei Consigli regionali", è uno degli emendamenti.

Lega, record di emendamenti - Il gruppo che ha presentato più emendamenti è la Lega Nord (510.293). "Una riforma costituzionale che priva il popolo del diritto del voto e instaura una dittatura di sinistra mi fa venire la dissenteria e quindi va fermata o modificata”, ha scritto su Facebook il senatore leghista Roberto Calderoli annunciando per "l'esame dell'Aula 6.5 milioni di emendamenti per affossare la riforma, la legislatura e mandare finalmente a casa il Capitan Fracassa Renzi".
Sono più di mille, poi, gli emendamenti presentati da Forza Italia. Le modifiche richieste: un maggior bilanciamento delle funzioni tra Senato e Camera e una maggiore legittimazione dei senatori, attraverso più varianti proposte di elezione diretta.
Anche il movimento 5 Stelle, con i suoi 194 emendamenti, chiede modifiche sostanziali al criterio di elettività del Senato e di bilanciamento dei poteri tra governo e parlamento. “Partendo dal presupposto che per noi questa riforma è sbagliata ed è fatta da un parlamento non costituzionale – spiega Vito Crimi – non siamo d'accordo sul fatto che il Senato rappresenti le istituzioni territoriali e non rappresenti i cittadini. Noi puntiamo ad un ampliamento del bicameralismo e ad intervenire sulla parte referendaria in modo da controbilanciare una riforma monocamerale che, di fatto, assegna maggiori poteri al governo".
Oltre mille anche gli emendamenti presentati da Sel. “L’intento non è fare ostruzionismo ma rimediare ad alcuni dei limiti e dei guasti più gravi della riforma, su punti centrali come l'elettività dei senatori, le funzioni del nuovo Senato e il bilanciamento di poteri tra le diverse istituzioni", spiega la presidente del Gruppo Misto-SEL Loredana De Petris. Anche i verdiniani avevano presentato 3 emendamenti sull’elezione diretta del Senato che, però, sono stati ritirati.

Chiti: abbiamo i numeri - Il fronte a favore del Senato elettivo, comunque, si allarga in modo trasversale e rischia di spaccare il Pd. “È una questione non riducibile ai luoghi comuni di certa politica e di certa stampa su una lotta interna al Pd – avverte il senatore della minoranza Pd Vannino Chiti –. 28 senatori Pd e 12 del gruppo delle Autonomie, Sel e M5S, Lega e Fi si ritrovano su questa impostazione. Vi sarebbero dunque le condizioni per un'intesa ampia". “Sono possibili cambiamenti purché non riportino al punto zero il cammino della riforma costituzionale", è la moderata apertura di Lorenzo Guerini, braccio destro di Matteo Renzi. "La maggioranza non è mai mancata e mai mancherà", taglia corto il premier. E sul dialogo con Forza Italia, Debora Serracchiani precisa: “Non è un patto del Nazareno, ma un impegno a coinvolgere tutte le forze in Parlamento”. Il presidente dei senatori Pd Luigi Zanda, infine, invita i parlamentari Dem ad affrontare i temi "più spinosi" dei vari provvedimenti direttamente in commissione, per poi ottenere in Aula “la massima collegialità”.

 

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