Mediaset, Berlusconi: “La Cassazione non può non assolvermi"

Politica

Il leader del Pdl, in un colloquio con il Giornale, ribadisce la sua fiducia sulla sentenza della Corte. Il Colle smentisce le voci su una possibile grazia: “Segno di analfabetismo istituzionale”. Polemiche per il ddl incompatibilità presentato dal Pd

Silvio Berlusconi torna a ribadire la sua fiducia nella sentenza della Cassazione in merito al processo Mediaset dopo le rassicurazioni sulla tenuta del governo e l'intrapresa via della pacificazione. In un lungo colloquio con il Giornale l'ex premier sottolinea: “I giudici non possono non assolvermi perché la mia innocenza è talmente evidente che non possono non vederla". Quindi ricostruisce il caso Mediaset e insiste: "Ho versato 9 miliardi all'Erario e mi sarei messo a trescare loscamente per uno sconto di 7,5 milioni?". Il leader del Pdl spera che "i giudici non si arrabbino per gli eccessi della stampa". E osserva: "Ho fiducia nella ragionevolezza, ho fiducia che ci siano anche magistrati che amministrano la giustizia senza pregiudizi".

Poi, dopo aver rassicurato sul futuro dell'esecutivo ("Il governo c'è e noi lo sosteniamo"), sulla sua lunga storia giudiziaria torna a rilevare "con sdegno e anche con terrore" che "certi procedimenti nei miei confronti non sembrano nascere da fatti concreti ma dalla voglia di eliminarmi per via giudiziaria", pur sottolineando di non avercela con la magistratura "in senso astratto". Resta il fatto, argomenta, "che io dopo tanti processi ho avuto una caterva di assoluzioni con formula piena, salvo tre, mi sembra, per prescrizione a causa della lentezza della giustizia. Dunque non confondo certe iniziative aggressive con il normale lavoro dei magistrati". D'altronde, prosegue nel suo ragionamento, "un giudizio sereno" della Cassazione "non può che essere favorevole, ma non per un atto di bontà".

Le dichiarazioni di Berlusconi arrivano poche ore dopo la nota del Quirinale, che ha smentito l’ipotesi avanzata dal quotidiano Libero di una grazia a Berlusconi. "Si smentisce nel modo più assoluto che ci siano sulla scrivania del presidente pratiche immaginarie come quella descritta". Per il Colle, anche solo parlare di un’ipotesi simile "un segno di analfabetismo e di sguaiatezza istituzionale". Si tratta di "speculazioni che danno il senso di una assoluta irresponsabilità politica che può soltanto avvelenare il clima della vita pubblica". Intanto, nella maggioranza infuria la polemica per un disegno di legge del Pd, primo firmatario Massimo Mucchetti, che affronta lo spinoso tema del conflitto di interessi. In sostanza, il ddl approdato al Senato il 20 giugno, prevede che la situazione di conflitto d'interessi di persone elette, che siano anche azionisti di controllo, non dia luogo all'immediata decadenza dal mandato parlamentare, ma determini una situazione di incompatibilità. Per il M5S e Di Pietro, si tratta di un escamotage del Pd per 'salvare' Berlusconi visto che non si dovrebbe votare subito sulla sua ineleggibilità in quanto si trasformerebbe in incompatibilità e si avrebbe più tempo per decidere se vendere o meno le azioni.

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