Il Cdm non esamina la norma sull'incandibilità dei condannati: manca un parere della commissione Bilancio. Alla Camera si dimette il relatore del testo sulle firme in polemica per l'emendamento "salva La Russa".
Si blocca il percorso del decreto legislativo sulle Liste Pulite il cui impianto doveva essere preso in esame giovedì 20 dicembe dal Consiglio dei ministri. Il testo però non è stato trattato, ha spiegato il ministro Cancellieri, perchè manca ancora il parere della Commissione Bilancio del Senato. "Finché non c'è il parere della Commissione Bilancio del Senato, per quanto riguarda il decreto sull'incandidabilità non possiamo far nulla" ha detto la titolare del Viminale, spiegando che "eravamo convinti fosse veloce, perché non è un provvedimento che ha spese. Appena ci danno il parere, il decreto lo portiamo in Consiglio dei ministri". Il parere della commissione bilancio è l'ultimo necessario per il completamento dell'iter.
La replica della commissione bilancio - Da parte sua il presidente della Commissione bilancio, il senatore Antonio Azzolini del Pdl, mette le mani avanti e si difende: "Ho esaminato la nota di variazione di bilancio, devo fare la legge sul pareggio di bilancio, che dite, è una cosa importante...? Ma la commissione Bilancio fa tutto e porta tutto in aula". Stessa posizione anche del suo collega del Pdl Pichetto Fratin che, interpellato sul ritardo della loro commissione, risponde: "Non so niente. Posso solo ricordare che ci stavamo occupando della sessione di Bilancio".
Scontro sul decreto firme - Ma la questione della legge sull'incandidabilità dei condannati, non è l'unico tema che infiamma il dibattito politico prima delle vacanze di Natale. Alla Camera si è dimesso da relatore del decreto elettorale, il testo che dovrebbe diminuire il numero di firme necessario per presentare una lista alle prossime elezioni, Gianclaudio Bressa del Pd, in polemica per il cosiddetto decreto "Salva la Russa". Tra le norme inserite nel testo, infatti, una prevede che i gruppi parlamentari che si costituiscono tra il 21 e il 22 dicembre non avranno bisogno di raccogliere firme. Una norma che a detta di alcuni favorirebbe Centrodestra nazionale, la nuova formazione progettata dall'ex ministro della Difesa. La proposta, che non era prevista nel testo preparato dal governo, è passata con l'ok, tra gli altri, di Pdl, Fli, Pt e Udc. Con questa norma anche i centristi e Fli non raccoglierebbero le firme.
Il relatore Bressa si dimette - "Siamo sotto Natale, ma i regali li porta Babbo Natale, non li deve fare questo Parlamento", ha detto Bressa in aula alla Camera alla ripresa dei lavori. Accuse respinte al mittente dallo stesso La Russa che, conversando con i giornalisti in Transatlantico ha replicato, sostenendo che "questo decreto così com'è non può nascere: è una ingiustizia, una truffa, una mancanza di parola e un indebito regalo a qualcuno a danno di altri come Grillo e La Destra. Un regalo solo agli alleati del Pd. Per quanto mi riguarda cercherò di non farlo passare: né qui ne al Senato". L'ex ministro della difesa ha poi concluso affermando che "le firme a questo punto le raccolgano tutti, senza dimezzamenti o altro. A noi va bene raccogliere le firme, è anche un modo per fare propaganda". Contro l'emendamento si è schierata anche la Lega Nord, che ha ribadito che "voterà contro qualsiasi emendamento che aumenti i costi della politica o che consenta escamotage elettorali che permettano a movimenti o partiti appena costituiti di partecipare alle elezioni senza le dovute firme". Allo stato, le forze politiche stanno cercando di trovare una soluzione di compromesso, ma sul tavolo ci sono varie opzioni: nelle ultime ore circola quella, che prevede la raccolta delle firme per il simbolo e non per le liste. Una proposta che non sarebbe sgradita ai 'larussiani'.
Via libera alla legge di stabilità - Intanto nella giornata di giovedì il Senato ha dato via libera alla legge di stabilità sulla quale il governo aveva posto la fiducia. Palazzo Madama ha approvato con 199 voti favorevoli e 55 contrati. Ora il testo passa alla Camera che dovrebbe dare il via libera definitivo venerdì pomeriggio. Una volta che il Parlamento avrà licenziato la legge di Stabilità, Mario Monti dovrebbe salire al Quirinale per dimettersi.
Fini: "Alle prossime elezioni sarò candidato" - Gianfranco Fini ha annunciato che sarà candidato anche nella prossima campagna elettorale. "Sto lavorando per la creazione di quello schieramento, coalizione o lista che si rifà all'azione del presidente Monti - ha detto il presidente della Camera durante il tradizionale incontro con la stampa per lo scambio di auguri. "Per il futuro prevedo una mia candidatura perché non credo che nel caso di un mandato rappresentativo debba valere un tetto ai mandati" ha poi aggiunto.
Agcom approva norme per la par condicio - L'Autorità per le comunicazioni ha approvato lo schema di regolamento per la par condicio da applicare nella prossima campagna elettorale. Secondo quanto si legge in una nota, il testo verrà trasmesso per consultazione alla Commissione parlamentare di vigilanza sui servizi televisivi ed "entrerà in vigore in tempo utile per l'avvio della campagna elettorale, che coincide con la data di convocazione dei comizi elettorali". Nella fase attuale, aggiunge l'Autorità, trova applicazione la delibera 22 del 2006, che obbliga anche nel periodo pre-elettorale ad osservare i criteri di imparzialità, equità, completezza, correttezza, pluralità dei punti di vista ed equilibrio delle presenze dei soggetti politici.
La replica della commissione bilancio - Da parte sua il presidente della Commissione bilancio, il senatore Antonio Azzolini del Pdl, mette le mani avanti e si difende: "Ho esaminato la nota di variazione di bilancio, devo fare la legge sul pareggio di bilancio, che dite, è una cosa importante...? Ma la commissione Bilancio fa tutto e porta tutto in aula". Stessa posizione anche del suo collega del Pdl Pichetto Fratin che, interpellato sul ritardo della loro commissione, risponde: "Non so niente. Posso solo ricordare che ci stavamo occupando della sessione di Bilancio".
Scontro sul decreto firme - Ma la questione della legge sull'incandidabilità dei condannati, non è l'unico tema che infiamma il dibattito politico prima delle vacanze di Natale. Alla Camera si è dimesso da relatore del decreto elettorale, il testo che dovrebbe diminuire il numero di firme necessario per presentare una lista alle prossime elezioni, Gianclaudio Bressa del Pd, in polemica per il cosiddetto decreto "Salva la Russa". Tra le norme inserite nel testo, infatti, una prevede che i gruppi parlamentari che si costituiscono tra il 21 e il 22 dicembre non avranno bisogno di raccogliere firme. Una norma che a detta di alcuni favorirebbe Centrodestra nazionale, la nuova formazione progettata dall'ex ministro della Difesa. La proposta, che non era prevista nel testo preparato dal governo, è passata con l'ok, tra gli altri, di Pdl, Fli, Pt e Udc. Con questa norma anche i centristi e Fli non raccoglierebbero le firme.
Il relatore Bressa si dimette - "Siamo sotto Natale, ma i regali li porta Babbo Natale, non li deve fare questo Parlamento", ha detto Bressa in aula alla Camera alla ripresa dei lavori. Accuse respinte al mittente dallo stesso La Russa che, conversando con i giornalisti in Transatlantico ha replicato, sostenendo che "questo decreto così com'è non può nascere: è una ingiustizia, una truffa, una mancanza di parola e un indebito regalo a qualcuno a danno di altri come Grillo e La Destra. Un regalo solo agli alleati del Pd. Per quanto mi riguarda cercherò di non farlo passare: né qui ne al Senato". L'ex ministro della difesa ha poi concluso affermando che "le firme a questo punto le raccolgano tutti, senza dimezzamenti o altro. A noi va bene raccogliere le firme, è anche un modo per fare propaganda". Contro l'emendamento si è schierata anche la Lega Nord, che ha ribadito che "voterà contro qualsiasi emendamento che aumenti i costi della politica o che consenta escamotage elettorali che permettano a movimenti o partiti appena costituiti di partecipare alle elezioni senza le dovute firme". Allo stato, le forze politiche stanno cercando di trovare una soluzione di compromesso, ma sul tavolo ci sono varie opzioni: nelle ultime ore circola quella, che prevede la raccolta delle firme per il simbolo e non per le liste. Una proposta che non sarebbe sgradita ai 'larussiani'.
Via libera alla legge di stabilità - Intanto nella giornata di giovedì il Senato ha dato via libera alla legge di stabilità sulla quale il governo aveva posto la fiducia. Palazzo Madama ha approvato con 199 voti favorevoli e 55 contrati. Ora il testo passa alla Camera che dovrebbe dare il via libera definitivo venerdì pomeriggio. Una volta che il Parlamento avrà licenziato la legge di Stabilità, Mario Monti dovrebbe salire al Quirinale per dimettersi.
Fini: "Alle prossime elezioni sarò candidato" - Gianfranco Fini ha annunciato che sarà candidato anche nella prossima campagna elettorale. "Sto lavorando per la creazione di quello schieramento, coalizione o lista che si rifà all'azione del presidente Monti - ha detto il presidente della Camera durante il tradizionale incontro con la stampa per lo scambio di auguri. "Per il futuro prevedo una mia candidatura perché non credo che nel caso di un mandato rappresentativo debba valere un tetto ai mandati" ha poi aggiunto.
Agcom approva norme per la par condicio - L'Autorità per le comunicazioni ha approvato lo schema di regolamento per la par condicio da applicare nella prossima campagna elettorale. Secondo quanto si legge in una nota, il testo verrà trasmesso per consultazione alla Commissione parlamentare di vigilanza sui servizi televisivi ed "entrerà in vigore in tempo utile per l'avvio della campagna elettorale, che coincide con la data di convocazione dei comizi elettorali". Nella fase attuale, aggiunge l'Autorità, trova applicazione la delibera 22 del 2006, che obbliga anche nel periodo pre-elettorale ad osservare i criteri di imparzialità, equità, completezza, correttezza, pluralità dei punti di vista ed equilibrio delle presenze dei soggetti politici.