Di Pietro attacca Napolitano: "Cos'hai da nascondere?"

Politica

Fa ancora discutere la sollevazione del conflitto di competenze da parte del Quirinale contro i pm di Palermo. Il leader Idv a SkyTG24 critica il Colle: "Impedisce l'accertamento della verità". Il portavoce del capo dello Stato: "Espressioni diffamatorie"

Alla vigilia dell'anniversario della morte di Paolo Borsellino, resta alta la tensione sul fronte della trattativa Stato-Mafia. Il leader Idv Antonio Di Pietro torna all'attacco del Quirinale ai microfoni di SkyTG24: la decisione di sollevare conflitto di attribuzione contro la Procura di Palermo per via delle intercettazioni che riguardano il Colle dimostra come Napolitano sia "in evidente conflitto di interessi" e "impedisca l'accertamento della verità" (VIDEO).

E Napolitano, che "purtroppo non può rispondere" in maniera esplicita, come evidenzia in un messaggio su Twitter il suo portavoce Pasquale Cascella, una dichiarazione però la fa. E ha tutto il sapore di una risposta all'Idv. L'occasione la offre un convegno di costituzionalisti: "Il campo di ricerca in cui operate - dice il Capo dello Stato rivolgendosi ai docenti - dovrebbe rappresentare il terreno di formazione della classe dirigente se non si vuole che la politica scada a esercizio dilettantesco che pretende di trarre la sua validità dal consenso elettorale ottenuto e, in sostanza, è funzionale alla conquista ulteriore di consenso elettorale". Poi, sempre Cascella aggiunge: "Si tratta di gravi diffamazioni".

Ma Di Pietro, contestato anche dal resto della maggioranza, Pd e Udc in prima linea, insiste nel suo 'j'accuse': dopo 20 anni dalla strage "l'unica cosa che si sa è che proprio il Capo dello Stato non vuol far sapere cosa sia successo". E ancora: "Mi piacerebbe chiedergli cos'hai da nascondere? Cosa c'è nelle telefonate con Mancino che noi non possiamo sapere?". Perché "la trattativa Stato-mafia" non solo "c'è stata", ma "ha ucciso Borsellino" e dunque ora diventa importante sapere chi dello Stato, all'epoca "si calò le braghe" e si vendette "l'anima al diavolo".

Anche il fratello di Borsellino, Salvatore, attacca: quello di Napolitano è "un intervento a gamba tesa". Il sentire che un "ex ministro indagato per i suoi silenzi chieda e, sembra, ottenga l'appoggio di Napolitano ci addolora e ci fa rabbia".

"Io - incalza Di Pietro - sto dalla parte dei magistrati e difendo la Procura di Palermo". E la Procura, intanto, va avanti. Il nostro lavoro, assicura il Capo Francesco Messineo, non si fermerà. Non è prevista nessuna sospensione per la decisione del Colle di sollevare conflitto di attribuzione. Non c'è obbligo di legge in questo senso. Ma la trattativa Stato-mafia, assicura, "c'è stata" e la verità va scoperta. Sulla sentenza nella quale si dovrebbe decidere se distruggere o meno le intercettazioni che riguardano il Colle, invece, Messineo non prende posizione: "Nelle cose ci vuole il tempo che ci vuole", sostiene.

Anche se la legge, incalza Di Pietro, parla chiaro: l'udienza, che il Quirinale vorrebbe evitare, andrà fatta. Eppure a leggere documenti del passato, come l'interpellanza che presentò Cossiga il 7 marzo del 1997 sulle intercettazioni indirette sempre di "un presidente della Repubblica", il costituzionalista Leopoldo Elia fu piuttosto chiaro: a tutela del Capo dello Stato, ricordò, c'è anche l'articolo 277 del codice penale che ne difende "la libertà psichica per evitare che un certo tipo di assedio, di accuse e insinuazioni possano ledere la libertà e l'indipendenza di decisione del presidente della Repubblica stesso". E sempre nella stessa occasione, l'allora Guardasigilli Flick disse con altrettanta chiarezza come il divieto di intercettare il Capo dello Stato (art.7 legge 5/6/89 n.219) debba essere esteso chiaramente anche agli 'ascolti' indiretti. E come da questo derivi l'altro divieto "altrettanto assoluto" di trascriverle e di depositarle.

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