'Sfida' tra le Camere sui tagli. Ma gli stipendi non calano

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Dopo la Camera, anche il Senato annuncia interventi sui costi, come la stretta sui benefit degli ex presidenti. Ma è ancora polemica, perché le indennità nette dei parlamentari non calano. Mentre 24 deputati fanno ricorso contro i tagli ai vitalizi

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di Serenella Mattera

Il risparmio per lo Stato c’è. Il taglio agli stipendi no. Come alla Camera, così al Senato. Dopo Montecitorio, anche Palazzo Madama interviene a limitare i costi e ad evitare che le indennità dei parlamentari aumentino. Ma loro, gli onorevoli, continuano a guadagnare esattamente lo stesso: il netto in busta paga per deputati e senatori non cala. E questo dato di fatto, ridà fiato alla polemica 'anti-casta'.
Intanto, le Camere danno l’impressione di essere impegnate in una ‘competizione’ a chi taglia di più. O almeno, la mettono su questo piano i senatori della Lega Nord, che prima si intestano la paternità degli interventi a Palazzo Madama, poi deridono le scelte fatte a Montecitorio. Attirandosi le ire dei colleghi deputati.
Acque agitate, insomma, nei palazzi della politica. Anche perché se i cittadini dall’esterno continuano a chiedere che si faccia ‘di più’, all’interno c’è chi proprio non digerisce i tagli già subiti. Come i 24 deputati che hanno presentato ricorso contro la soppressione dei vitalizi. E sperano di vincere.

Il blocco degli aumenti – Dopo la Camera, anche il Senato ieri 31 gennaio è intervenuto per evitare che la soppressione dei ricchi vitalizi e il passaggio a un sistema pensionistico di tipo contributivo, producesse il paradossale effetto di aumentare gli stipendi dei senatori in carica (la nuova pensione è infatti, al contrario del vitalizio, deducibile dal reddito imponibile). L’Ufficio di presidenza di Palazzo Madama ha dunque annunciato un taglio delle indennità lorde del 13%, in modo da neutralizzare l’automatico aumento. Con un risparmio per le casse dello Stato di 6 milioni di euro (leggi il comunicato stampa). Ma lasciando invariato il netto percepito dai senatori (circa 5.000 euro al mese).
Sulle modalità di questo intervento, uguale nei due rami del Parlamento, c'è da registrare però una polemica interparlamentare, sollevata dai senatori leghisti. Mentre a Palazzo Madama la cifra risparmiata sugli stipendi andrà a ridurre i costi del bilancio a carico dello Stato, sottolineano infatti gli esponenti del Carroccio, la Camera al contrario la accantonerà in un fondo di garanzia dai possibili ricorsi: “un fondo nero”, lo definiscono. Con parole che provocano la reazione stizzita di Montecitorio, che con una nota dell'ufficio stampa accusa la Lega di un “colossale errore” e afferma che “i risparmi sono stati semplicemente accantonati in attesa di stabilirne la finalizzazione”, non sono stati sottratti allo Stato.

Tagli agli ‘ex’ – Stretta sui benefit degli ex presidenti del Senato: ufficio, staff di segreteria, auto blu. E’ questo l’altra novità annunciata da Renato Schifani, che ha rimandato a febbraio la decisione al riguardo. “Individueremo un periodo entro il quale si potrà usufruire dei benefit” una volta cessati dalla carica, ha spiegato. E Gianfranco Fini gli ha fatto subito eco: “Sono d’accordo”, ha detto, promettendo che replicherà il provvedimento per gli ex presidenti della Camera.
Parti invertite, invece, per un’altra misura avviata in questi giorni: il taglio del 10% delle indennità di carica per le figure apicali delle Camere (membri dell’ufficio di presidenza, presidenti di commissione). Fini ha promosso questo intervento, Schifani lo ha seguito.

Meno parlamentari – Comunque, al di là dei singoli tagli (il Senato ridurrà, tra l’altro, di 1,5 milioni la spesa per l’affitto di immobili), lo stesso Fini invoca misure più drastiche: “Sarebbe arrivato il momento - afferma - di ridurre il numero dei parlamentari, perché 945 parlamentari e centinaia e centinaia di consiglieri comunali e regionali finiscono per determinare un costo certamente rilevante del sistema politico”.

"Tanto rumore…" – Ma intanto continuano le polemiche. Perché gli interventi appaiono agli osservatori ancora troppo blandi (“Tagli di aumenti, non tagli”, ha denunciato il Sole 24 ore). E i cittadini sul Web fanno sentire le loro proteste. Mentre anche una categoria che nel ‘palazzo’ lavora ogni giorno, quella dei collaboratori parlamentari, sale sulle barricate.
Sia la Camera che il Senato d’ora in poi consentiranno infatti che gli onorevoli intaschino senza alcun rendiconto solo la metà del rimborso (in tutto 3.690 euro per i deputati, 4.180 per i senatori) loro spettante per collaboratori e spese di rappresentanza: per ottenere l'altra metà della cifra, ciascuno di loro dovrà documentare la spesa con delle ricevute. Un progresso dunque rispetto a prima, quando i parlamentari potevano tenere per sé l’intera somma, senza dover rendere conto a nessuno. Ma i collaboratori (comunemente noti come ‘portaborse’) denunciano che nella realtà anche il nuovo sistema di rendicontazione li tutela ben poco da eventuali abusi: “Dopo tanto rumore – scrivono - si mantiene lo status quo senza intravedere nessun impegno concreto per il futuro: un'occasione mancata. L'ennesima”.

I ricorrenti – Intanto, convinti al contrario che gli interventi siano spropositati e ledano i loro diritti acquisiti, 24 deputati ed ex deputati hanno già presentato ricorso contro l'abolizione dei vitalizi e il passaggio al sistema previdenziale contributivo. I loro nomi, per ora segreti, saranno rivelati giovedì, quando il Consiglio di giurisdizione di Montecitorio, competente sui ricorsi, fisserà le date delle udienze. E allora, c’è da scommettere, sulla Camera scoppierà una nuova bufera.

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