Il sottosegretario alla Difesa, protagonista della telefonata con il vicedirettore di Libero Bechis in cui ha insultato il premier, parla del voto alla Camera e punta il dito contro "i traditori". L'INTERVISTA
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"Non faccio il toto nomi" dice a SkyTG24 il sottosegretario alla Difesa del Pdl Guido Crosetto prevedendo l'approvazione da parte della Camera del Rendiconto generale dello Stato per il 2010. Crosetto, protagonista lunedì 7 novembre del giallo legato a una conversazione telefonica con il giornalista di Libero Bechis nella quale insultava il premier e ne annunciava imminenti dimissioni, torna a parlare del futuro del governo.
"Non credo - aggiunge - che Silvio Berlusconi meriti di essere sfiduciato alla Camera da persone, mi viene da chiamarle traditori, che devono tutto a lui". Certo è che se la maggioranza non dovesse avere i numeri "a quel punto non ci sarebbero alternative al voto". Sì, perché il sottosegretario esclude che esista un'altra maggioranza: "Le posizioni di Idv e Pd sono inconciliabili con quelle di Pdl e Lega".
La telefonata e l'insulto - Dopo conferme e smentite, illazioni e ricostruzioni presunte, il sottosegretario alla Difesa ammette: "Non mi va di raccontare balle. Non ne sopporto il peso. La telefonata con Bechis é mia". (ASCOLTA L'AUDIO). Crosetto dichiara (nonostante il vicedirettore non abbia mai fatto il suo nome) di essere lui l'alto dirigente del Pdl ad aver annunciato al vicedirettore di Libero il passo indietro del premier.
Notizia, questa, citata da Bechis in un Tweet che ha fatto il giro delle aule della politica ed è arrivato sino alle piazze dei mercati finanziari condizionandone l'andamento, insieme alle dichiarazioni di Giuliano Ferrara.
Violata la privacy - "Era un discorso con un vicedirettore, giornalista che conosco da undici anni, di centrodestra, berlusconiano doc, di un giornale amico che, come succede molto spesso mi chiamava per capire ciò che poteva succedere" ha dichiarato Crosetto.
"Gli ho detto ciò che poteva succedere e le motivazioni. Che io, come molti altri, non voglia che Berlusconi rischi l'umiliazione che toccò a Prodi per due o tre traditori, è noto", prosegue il sottosegretario alla Difesa. "L'epiteto iniziale è semplicemente un modo magari colorito di parlare tra persone in confidenza da anni, di un terzo amico di cui non condividi in quel momento una decisione e cioè quella di andarsene da Roma".
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