L'imprenditore, in cambio dei favori di Cosa nostra, avrebbe assunto familiari di boss nei propri punti vendita e procurato un appartamento al capomafia Bernardo Provenzano nell'ultimo periodo della sua latitanza
Sequestrato il patrimonio di 150 milioni di euro dell'imprenditore Carmelo Lucchese, 53 anni, che opera nel settore della grande distribuzione alimentare. Nell'operazione, eseguita su provvedimento del Tribunale di Palermo - sezione Misure di Prevenzione - su richiesta della Dda palermitana, sono stati coinvolti oltre 100 militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo.
Il sequestro
Sigilli ad aziende, quote societarie, immobili, conti correnti, polizze assicurative e auto. Oggetto del sequestro è in particolare la società Gamac Group s.r.l., con sede legale a Milano, che gestisce 13 supermercati tra Palermo e provincia (Bagheria, Carini, Bolognetta, San Cipirello e Termini Imerese) che è stata contestualmente affidata a un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Palermo, con il compito di "garantire la continuità aziendale e mantenere i livelli occupazionali per tutelare i diritti dei lavoratori, dei fornitori e dei clienti". Oltre al sequestro del compendio aziendale e delle quote sociali della Gamac Group srl sono stati messi i sigilli a sette immobili, tra cui una villa in zona Pagliarelli a Palermo, 61 rapporti bancari e 5 polizze assicurative e 16 autovetture, tra cui due Porsche Macan.
La vicinanza con Cosa Nostra
Secondo l'accusa, gli accertamenti svolti dagli specialisti del Gico della Finanza di Palermo hanno fatto emergere come l'imprenditore, pur essendo incensurato, fosse vicino alla criminalità organizzata, anche se non organicamente inserito in essa. Secondo i pentiti avrebbe avuto contatti con la famiglia mafiosa di Bagheria grazie alla quale sarebbe riuscito a espandersi economicamente nel settore acquisendo ulteriori attività commerciali, scoraggiando la concorrenza anche attraverso atti di danneggiamento. Grazie all'intervento della mafia avrebbe inoltre risolto controversie sorte con alcuni soci, ottenendo la possibilità di rilevare un'impresa contesa e beneficiando di una dilazione nei pagamenti ed evitato il pagamento del "pizzo" nella zona di Bagheria.
L'imprenditore, in cambio dei favori, avrebbe assunto familiari di boss nei propri punti vendita e procurato un appartamento al capomafia Bernardo Provenzano nell'ultimo periodo della sua latitanza. La Gamac, grazie all'aiuto dei clan, sarebbe cresciuta esponenzialmente, trasformandosi dall'iniziale impresa familiare in una realtà in forte sviluppo che ha incrementato costantemente il proprio volume d'affari arrivando a fatturare oltre 80 milioni di euro nel 2019.
L'imprenditore si sarebbe servito anche dell'amicizia di un poliziotto, la cui moglie lavorava in un supermercato di Lucchese. L'agente, in forza alla squadra catturandi della questura di Palermo, avrebbe dato informazioni riservate al 53enne.
L'ascesa dell'imprenditore
Ha cominciato con un negozio di alimentari. Presto i punti vendita sono diventati tre. In un ventennio Carmelo Lucchese ha creato un piccolo impero con decine di dipendenti e 13 supermercati tra Palermo e provincia e un fatturato che dopo 15 anni di attività è arrivato a 80 milioni. E' nel 2006 che l'imprenditore esce dai confini di Bagheria e sbarca a Palermo con il Superstore di corso Finocchiaro Aprile. Nel capoluogo i punti vendita diventano 7, poi arriva l'apertura di un superstore a Carini e l'inaugurazione del centro Himera a Termini Imerese. Carmelo Lucchese si ritrova alla guida di un colosso con 400 dipendenti attivo su una superficie di 14mila metri quadrati che ne fa uno dei punti di riferimento assoluti della grande distribuzione nel Palermitano.
Il coinvolgimento nelle operazioni "Ermes" ed "Ermes III"
L'imprenditore era stato arrestato nel corso della terza fase dell'operazione antimafia denominata Ermes. L'indagato, nel giugno 2020, era stato destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip, su richiesta della direzione distrettuale antimafia di Palermo, poi annullata a luglio dal tribunale del Riesame, che aveva accolto le richieste della difesa, ritenendo non sussistenti le esigenze cautelari. Successivamente la procura della Repubblica aveva impugnato il provvedimento ottenendo il rigetto del ricorso presentato dai legali di Manzo in Cassazione. L'indagine Ermes III, aveva fatto luce sugli interessi economici dei componenti del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, retto, secondo l'accusa, da Vito Gondola, deceduto il 13 luglio del 2017. "Nel corso di incontri riservati e attraverso lo scambio di pizzini si decidevano, tra le varie attività illecite, le estorsioni da portare a termine nell'ambito della compravendita di fondi agricoli o nel settore dell'esecuzione di lavori pubblici", afferma una nota della questura. E aggiunge: Alcuni degli indagati "si adoperavano per garantire gli interessi economici dell'associazione, il controllo del territorio e quello delle attività produttive nonché per favorire la comunicazione riservata con il latitante Matteo Messina Denaro".