Arrivati a Mazara i 18 pescatori liberati in Libia. Tamponi tutti negativi. VIDEO

Sicilia

I marittimi sono scesi dalle imbarcazioni per eseguire il test anticovid nel gazebo allestito sulla banchina. Contestualmente ai tamponi rapidi sono stati eseguiti anche quelli molecolari il cui risultato sarà noto non prima di sei ore

Annunciati dalla sirena di una motovedetta sono approdati al Porto Nuovo di Mazara del Vallo i pescherecci Medinea e Antartide, con a bordo i 18 pescatori sequestrati in Libia per 108 giorni e liberati lo scorso giovedì. Partiti da Bengasi intorno all'una di notte di venerdì, le due imbarcazioni hanno navigato per poco meno di 60 ore. (LA VICENDA - I PESCHERECCI IN VIAGGIO SCORTATI DA NAVE MARINA)

Ad attenderli, sotto la pioggia, c'erano le autorità e i familiari tra salti di gioia. Alcuni parenti hanno portato un cambio di vestiti per i loro cari: "La normalità comincia anche da queste cose", ha detto una ragazza. Diciotto colombe sono state liberate sulla banchina del porto intorno alle 11, tante quante i pescatori tornati in patria. Sulla banchina anche palloncini con i colori della bandiera italiana.

Gli accertamenti medici

Dopo la visita effettuata a bordo da un medico, i marinai sono scesi dalle imbarcazioni per eseguire il test anticovid nel gazebo allestito dalla Usca dell'Asp di Trapani. I tamponi rapidi e quelli molecolari, eseguiti successivamente, sono risultati tutti negativi. Intorno alle 12 i pescatori hanno lasciato il porto di Mazara del Vallo, su auto private, diretti a casa.

Pescatori interrogati dai carabinieri del Ros

Sono cominciati nella caserma dei carabinieri a Mazara del Vallo gli interrogatori dei marinai. La procura di Roma aveva aperto un fascicolo d'indagine dopo il sequestro dei 18 componenti gli equipaggi in Libia. I pescatori sono interrogati da militari del Ros su delega della procura. Attualmente sono quattro le persone interrogate. Gli interrogatori proseguiranno anche domani.

Il comandante del Medinea: "Trattati malissimo"

"Siamo stati trattati malissimo, ma sono felice di essere qui", dice rivolto ai giornalisti Pietro Marrone, comandante del peschereccio Medinea, uscendo in auto dal porto. Un altro dei membri dell'equipaggio, un tunisino, dal finestrino sottolinea che "siamo stati per settimane a piedi nudi. Ci hanno trattato molto male". Poi ha aggiunto: "Ci gridavano, ci spingevano contro i muri. Dicevano parole incomprensibili, in arabo. Quello che capivamo era 'Italia-Libia', ripetuto ossessivamente", come se la questione del sequestro dipendesse solltanto da accordi tra i due paesi "e noi ci sentivamo tagliati fuori". Così il comandante del Meddinea, uscendo dalla caserma dei carabinieri di Mazara del Vallo, dove è stato interrogato dagli uomini del Ros per circa tre ore. "Ci umiliavano, ci mettevano paura - racconta -. Ci sembrava che tutto fosse finito". Il comandnte parla poi del suo ritorno e della tenacia della madre, Rosetta Ingargiola, 74 anni: "Contavo su di lei, so quanto è battagliera. Ha perso il marito, un figlio. Le resto solo io. Oggi abbiamo festeggiato mangiando finalmente alla mazarese: niente cous-cous, ma pasta".

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ANSA/ FRANCESCO TERRACINA
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Uno dei marinai: "Ci parlavano di scambio di prigionieri"

"Ho sentito dai nostri carcerieri dell'ipotesi di scambio di prigionieri tra noi e dei libici in prigione in Italia - afferma uno dei marinai, Giri Indra Gunawan, indonesiano di 43 anni -. Ne hanno cominciato a parlare un mese dopo il sequestro e questo mi ha messo paura: sospettavo che i nostri carcerieri potessero essere dei terroristi". Dopo l'interrogatorio con i carabinieri ha parlato anche un altro marinaio, Giovanni Bonomo: "I carcerieri ci dicevano che il nostro destino era legato al rilascio di alcuni prigionieri libici in Italia e che tutto dipendeva dagli accordi che il nostro Paese avrebbe raggiunto con il generale Haftar. Nell'area a 50 miglia dalle coste libiche c'erano 12 pescherecci. L'unica motovedetta libica è riuscita a bloccarne quattro avvicinandosi e sparando in aria. Due barche sono riuscite a scappare mentre noi siamo stati costretti a dirigerci verso Bengasi. Nell'immediato abbiamo chiesto aiuto alle motovedette italiane, ma ci hanno risposto che erano troppo lontane dall'area. L'esperienza del carcere è stata terrificante - aggiunge il marittimo - eravamo in una cella sporca e puzzolente, con i materassi a terra, sporchi di fango e impronte di scarpe".

Il sindaco: "Risolvere questione confini marittimi con Libia"

Tra le persone al porto anche il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci che sottolinea: "Ci dicano se possiamo continuare a lavorare o se dobbiamo tirare i remi in barca". Quinci chiede all'Unione Europea di risolvere la questione dei confini marittimi della Libia. A Mazara, spiega Quinci, "la pesca garantisce 600 posti di lavoro e altre migliaia nell'indotto. L'Ue si faccia protagonista di una svolta che ridisegni le politiche economiche del Mediterraneo". 

Sul posto anche il presidente dell'Ars, Gianfranco Miccichè, che lancia un appello per la sicurezza nel Mediterraneo: "Condivido la posizione dell'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ex capo di Stato maggiore della Difesa, quando sostiene che è arrivato il tempo che le navi militari italiane tornino a presidiare il Mediterraneo, in numero adeguato e con regole d'ingaggio efficaci, per difendere la nostra marina mercantile e quella peschereccia". 

L'armatore del Medinea: "Torneremo a ridere e scherzare"

L'armatore del Medinea, Marco Marrone, la notte scorsa è stato in collegamento con i marinai della propria imbarcazione. "Torneremo a ridere e a scherzare. Li conosco, sono grandi uomini. Oggi è il nostro Natale, anticipato di qualche giorno. Mi auguro che questa storia sia da sprone per unire la marineria di Mazara, che nella sua storia ha subito almeno 50 sequestri; e serva al governo per risolvere la questione dei confini marittimi della Libia", aggiunge Marrone.

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Durante la traversata i pescatori hanno espresso la propria gioia pubblicando immagini sui propri profili Facebook. Tra queste, anche quelle della cena offerta ieri dalla Marina militare e dalla nave "Carlo Margottini" accompagnata da un biglietto, "Bentornati a casa".

Berlusconi: "È stato Putin a farli liberare"

"Non si può dire ma è stato il signor Putin con le sue telefonate ad Haftar a farli liberare questa è la verità su quello che è successo. Non bisogna dirlo pero'. Comunque viva siamo risuciti, sono tornati evviva". Lo ha detto al telefono il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi parlando con l'armatore del peschereccio Medinea.

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