Mafia, sequestro beni per 10 milioni di euro a imprenditore di Messina
SiciliaL'inchiesta nasce da una serie di accertamenti nel settore del gioco e delle scommesse d'azzardo. L'imprenditore è risultato ai vertici del clan mafioso della zona sud della città
A Messina la guardia di finanza ha sequestrato beni per un valore di 10 milioni di euro a D.L.V., 60 anni. L'inchiesta nasce da una serie di accertamenti nel settore del gioco e delle scommesse d'azzardo. L'imprenditore è risultato ai vertici del clan mafioso della zona sud della città. Assolto in una serie di processi alla fine degli anni '90, di D.L.V. parlano diversi collaboratori di giustizia che hanno raccontato che l'imprenditore avrebbe acquisito il ruolo di riferimento del clan Trovato nella gestione delle bische clandestine, in una prima fase, e nella distribuzione dei videopoker, successivamente.
L'attività investigativa
Dopo circa due anni di indagini, nel febbraio 2018, poi confermata in appello a gennaio 2019, a carico dell'imprenditore è arrivata una sentenza di condanna a 13 anni per associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, violenza privata, gioco d'azzardo, reati fiscali, usura e lesioni. D.L.V. avrebbe imposto la collocazione delle apparecchiature presso gli esercizi commerciali della zona e garantito agli esercenti accondiscendenti di poter godere della protezione mafiosa del clan. La protezione si realizzava anche attraverso servizi di vigilanza e ronde notturne: alcuni titolari di sale giochi, colpiti da furti, anziché rivolgersi alle forze di polizia per denunciare chiedevano l'intervento di D.L.V. che era in grado di assicurare la restituzione delle somme rubate.
Il pestaggio
Emblematico del potere dell'imprenditore e del suo clan il caso del violento pestaggio di un cliente cinese, "colpevole" di essere stato fortunato: per sua sventura si era trovato a giocare nel momento in cui la macchinetta videopoker, manomessa con appositi software, avrebbe garantito una vincita "non autorizzata" dal gruppo mafioso. D.L.V. poteva disporre di grosse risorse finanziarie, anche rese accessibili agli esponenti del clan, per il suo ruolo di "cassiere". Per evitare i sequestri inoltre l'imprenditore mafioso si serviva di fidati prestanome.