Secondo gli inquirenti, l'uomo è "contiguo alla criminalità organizzata e a disposizione di Cosa Nostra per investire nelle proprie attività risorse di provenienza illecita riconducibili alle famiglie mafioso dei Galatolo e dei Fontana"
Aziende, disponibilità patrimoniali e finanziarie per un valore complessivo di oltre 17 milioni di euro sono state sequestrate a V. G., 71 anni, imprenditore palermitano attivo nel settore della vendita di pneumatici. L'uomo viene indicato dagli inquirenti come "contiguo alla criminalità organizzata e a disposizione di Cosa Nostra per investire nelle proprie attività risorse di provenienza illecita riconducibili alle famiglie mafioso dei Galatolo e dei Fontana". Nel 2015 un gazebo nella rivendita dell'imprenditore fu distrutto da un incendio, appiccato perché l'uomo avrebbe comprato all'asta un bene appartenuto a un mafioso.
Il sequestro
Nelle operazioni sono stati impegnati oltre 50 finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo, con il supporto di elicotteri della sezione aerea di Palermo. L'attività di indagine è stata condotta dai militari del Gico che hanno vagliato atti giudiziari e informazioni patrimoniali, che riguardano un arco temporale di oltre 40 anni. Tra i beni sequestrati, due imprese e cinque punti vendita a Palermo; l'80% delle quote societarie di un Consorzio che si occupa di revisione dei veicoli; 25 immobili tra appartamenti e magazzini, tra cui due ville San Lorenzo e a Isola delle Femmine; 44 rapporti bancari, 10 polizze vita e 2 cassette di sicurezza; 11 fra autoveicoli e motoveicoli. Le imprese proseguono l'attività in amministrazione giudiziaria.
Le indagini
Gli investigatori hanno setacciato atti giudiziari e informazioni patrimoniali e cercato riscontri alle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia. Secondo i pentiti, le fortune dell'imprenditore sono iniziate grazie ai soldi investiti nelle aziende dalle famiglie mafiose Galatolo e Fontana dei quartieri Acquasanta e Arenella. Il Tribunale ritiene che l'uomo, seppure incensurato, sia "socialmente pericoloso". Secondo gli inquirenti alla fine degli anni '70 si sarebbe prestato a occultare e schermare risorse di provenienza illecita. All'inizio degli anni '80 i fratelli Giuseppe e Vincenzo Galatolo avrebbero investito nella rivendita di pneumatici 100 o 200 milioni di lire "per farlo iniziare".
I rapporti con Cosa Nostra
L'imprenditore avrebbe messo a disposizione i suoi locali per gli incontri fra i mafiosi, che avrebbero atteso proprio lì il via libera per due omicidi, e fornito i duplicati delle chiavi delle macchine dei clienti per agevolarne il furto. Secondo le indagini, l'imprenditore non avrebbe pagato il pizzo perché godeva della protezione dei boss, ma avrebbe chiesto e ottenuto aiuto dai mafiosi per scoraggiare l'apertura del negozio di un concorrente nei pressi della sua attività. I pentiti raccontato che una testa di capretto piazzata sulla recinzione dell'area dove doveva aprire la nuova impresa e una telefonata convinsero l'imprenditore a fare marcia indietro.
Le parole del comandante di polizia economico-finanziaria
"L'attività odierna conferma l'azione che la guardia di finanza palermitana svolge - spiega il comandante del Nucleo di polizia economico-finanziaria Gianluca Angelini - nell'ambito delle indagini delegate dalla Procura, a contrasto dei patrimoni di origine illecita con la duplice finalità di disarticolare in maniera radicale le organizzazioni criminali mediante l'aggressione delle ricchezze illecitamente accumulate e di liberare l'economia legale da indebite infiltrazioni della criminalità consentendo agli imprenditori onesti di operare in regime di leale concorrenza".