Mafia, a Gela imprenditori e un avvocato affiliati al clan: 4 arresti

Sicilia

Il legale, in particolare, era uomo di fiducia del boss Salvatore Rinzivillo dal 2016, facendo anche da tramite fra il capoclan e l’esterno quando questi era detenuto 

Quattro persone sono state arrestate per associazione mafiosa aggravata dall'essere armata con l’accusa di aver fatto parte del clan Rinzivillo di Gela. A eseguire oggi le ordinanze di misura cautelare in carcere, emesse dal Gip del Tribunale di Caltanissetta su richiesta della Dda locale, la polizia. Le manette sono scattate per l'avvocato Grazio Ferrara, di 39 anni; Benedetto Rinzivillo, 55 anni, detto "Peppe u curtu", imprenditore nel settore commerciale delle carni; Giuseppe Incorvaia, di 73 anni, di Licata, imprenditore in pensione; Emanuele Zuppardo, di 62 anni, gelese domiciliato a Parma, sottoposto alla libertà vigilata. 

L'ascesa del boss

L'inchiesta che li vede indagati, denominata "Exitus", si inseriscono nell’ambito dell'operazione 'Extra fines' che portò all'arresto nel 2017 di 37 affiliati al clan Rinzivillo. L'indagine fece luce sull'ascesa del boss Salvatore Rinzivillo che, approfittando della carcerazione dei suoi fratelli, riorganizzò il clan introducendo anche nuove figure al suo interno.

L'avvocato, uomo di fiducia del boss

Fra gli uomini di fiducia del boss, sin dal 2016, c’era anche l'avvocato del Foro di Gela Grazio Ferrara, che, al di là degli obblighi forensi, dietro il paravento dell'attività professionale faceva da braccio destro del boss negli affari intessuti con altri esponenti di cosa nostra, in particolare Luigi e Benedetto Rinzivillo, Carmelo Collodoro, Santo Napoli, presunto mafioso di Milazzo, Paolo Rabito, ritenuto uomo d'onore della famiglia di Salemi, e Roberto Salerno, indagato come reggente della famiglia di Vittoria. Rinzivillo impartiva al legale ordini precisi, e la disponibilità dell’avvocato nei confronti del boss gelese era proseguita anche dopo la carcerazione del boss dato che l’avvocato faceva da tramite tra il boss detenuto e l’esterno. Da un lato attraverso il legale Rinzivillo, approfittando del suo status di insospettabile, faceva pervenire ai membri del clan a piede libero i suoi ordini, dall’altro l’avvocato consegnava al boss messaggi provenienti dai sodali liberi, mostrandogli dei fogli scritti a mano durante i colloqui in carcere.

I due imprenditori arrestati

Fra gli arrestati oggi, anche un imprenditore gelese operante nel commercio di carni. L’uomo assicurava aiuto economico al clan, al boss Rinzivillo e ad altri sodali detenuti, era disponibile ad assumere personale indicato dal capomafia, e favoriva inoltre l'infiltrazione del clan nel tessuto economico legale attraverso il riciclaggio di denaro di provenienza illecita. L'imprenditore è indagato anche per tentata estorsione, aggravata per averla commessa in qualità di appartenente al clan mafioso, per aver minacciato di morte un imprenditore concorrente se avesse continuato ad offrire ai clienti la stessa carne da lui commercializzata. In manette anche un imprenditore, di Licata, attivo nel settore dei cosmetici e profumi: l’uomo favoriva il boss nell'attivazione di attività economiche funzionali all'investimento e riciclaggio denaro sporco, avvalendosi anche in questo caso del legale. Infine, è stato arrestato uno storico appartenente al clan di Gela che, approfittando dei permessi premio durante la carcerazione a Milano, aveva ripreso i contatti con Rinzivillo combinando un incontro tra quest'ultimo e l'esponente di cosa nostra di Salemi Paolo Rabito.  

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