Catania, caporalato: la Dia confisca beni per 10 milioni di euro

Sicilia
Foto di Archivio (ANSA)

Il patrimonio oggetto della confisca comprende un'impresa individuale e una società del settore agricolo, rapporti bancari, numerosi immobili in provincia di Catania e Messina e una decina di automezzi

La Dia ha confiscato beni per 10 milioni di euro a Rosario Di Perna, di 63 anni, imprenditore agricolo. Il provvedimento è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del locale Tribunale su proposta del direttore della Dia nell'ambito di un'inchiesta sul caporalato. Il patrimonio oggetto della confisca comprende un'impresa individuale e una società del settore agricolo, rapporti bancari, numerosi immobili in provincia di Catania e Messina e una decina di automezzi.

I precedenti

Di Perna, originario di Raccuja (Messina) ma domiciliato a Paternò, era già stato destinatario nel 2015 di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nell'ambito dell'operazione denominata "Slave" perché gravemente indiziato di aver costituito un'associazione attiva a Paternò e in Romania dedita allo sfruttamento di braccianti romeni secondo le forme del caporalato. Di Perna è stato anche sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per due anni e 6 mesi.

Il sequestro

Il provvedimento di confisca segue il sequestro eseguito nei suoi confronti dalla Dia nel 2017. Oggetto della confisca sono stati diversi rapporti bancari, otto automezzi, due aziende (la Difruit di Paternò e la ditta individuale Di Perna Calogero), venti fabbricati e 48 appezzamenti di terreno per un'estensione totale di oltre 50 ettari tra Paternò, Belpasso, Biancavilla, Ramacca (tutte in provincia di Catania), Floresta e Patti (Messina).

Le accuse

Secondo quanto accertato, l'uomo non avrebbe entrate tali da giustificare gli investimenti effettuati, inoltre, i redditi dichiarati risulterebbero incoerenti rispetto al patrimonio posseduto. Perna, inoltre, insieme al figlio Calogero e ad altri indagati romeni, avrebbe reclutato manodopera per l'impiego nelle campagne paternesi senza le garanzie minime di tutela spettanti ai lavoratori, costringendo le numerose vittime a subire condizioni lavorative vessatorie con violenze e minacce, implicite ed esplicite, per accrescere i guadagni dell'organizzazione. L'uomo è stato condannato per truffa all'Inps, furto continuato e usura, reati per i quali fu arrestato in esecuzione di ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale di Catania.

La CGIL: "Confisca è strada giusta"

"I beni per dieci milioni di euro confiscati dalla Dia di Catania a Rosario Di Perna, imprenditore agricolo di Paternò con possedimenti in molti comuni etnei, confermano che la Cgil e la Flai Cgil di Catania percorrono la giusta strada nella lotta contro il caporalato". Lo affermano, in una nota, Cgil e Flai Cgil di Catania.
"Salutiamo con ottimismo questo provvedimento disposto dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Catania - aggiungono - e siamo certi che le nostre segnalazioni degli ultimi dieci anni e le denunce esposte pubblicamente anche a proposito di Paternò sono oggi ripagate e lo saranno ancora nei prossimi mesi".
"Non smetteremo di chiedere a gran voce - proseguono i sindacati - che a Catania è necessario insediare la cabina di regia provinciale per contrastare lo sfruttamento e l'intermediazione parassitaria di manodopera: è necessario che il collocamento avvenga in un luogo pubblico e che la legge 199 del 2016 venga fatta applicare".
"I lavoratori agricoli vivono una condizione di grande sfruttamento, come verifichiamo nelle nostre iniziative di 'sindacato di strada' sempre in prima linea, con condizioni di lavoro disumane a fronte di un salario che spesso non supera i 30 euro a giorno in nero e senza diritti. Chiediamo al Governo nazionale una riforma del mercato del lavoro in agricoltura", concludono nella nota.

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