Sono gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio e detenzione illegale di armi
Nelle province di Napoli, Salerno e Benevento i carabinieri hanno dato esecuzione a una misura cautelare personale (10 provvedimenti di cui quattro in carcere, uno agli arresti domiciliari, un divieto di dimora nel comune di San Gennaro Vesuviano, un obbligo di dimora nel comune di Benevento e tre obbligo di presentazione alla p.g.) nei confronti di 10 indagati gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio e detenzione illegale di armi.
Le indagini
Le indagini hanno permesso di documentare le dinamiche inerenti alla gestione dell'attività di spaccio di stupefacenti (cocaina, marijuana e hashish) nei comuni di San Gennaro Vesuviano, Palma Campania, Poggiomarino, Benevento e aree limitrofe da parte del citato sodalizio, a cui facevano capo numerosi pusher operanti nell'area nolana. Nel corso delle investigazioni, sono state arrestate in flagranza di reato ulteriori quattro persone, con sequestro di un'arma clandestina e sostanze stupefacenti di vario genere (cocaina, hashish e marijuana).
Spaccio in una casa di cura
Inoltre, è emerso che l'attività di spaccio sarebbe avvenuta anche in una casa di cura vesuviana. La circostanza viene ipotizzata dagli inquirenti sulla base di alcune intercettazioni annesse all'ordinanza con la quale il gip di Napoli Gianluigi Visco ha disposto le misure cautelari. I militari intercettano alle 23 circa del primo febbraio 2016 alcune conversazioni che vedono protagonista A. M., per il quale il giudice ha disposto il carcere. L'uomo, che ha 45 anni, organizza la compravendita della sostanza stupefacente, che chiama in codice "calzone", mentre è ricoverato. Il prezzo è anche scontato: "mò' è 35, ma regolare fosse 40, però a te 35!". L'uomo e il suo interlocutore si accordano e, quindi, una terza persona viene incaricata di recuperare la sostanza stupefacente nella casa di cura. In un'altra telefonata, che risale al 19 febbraio 2016, l'indagato tenta di chiamare il figlio. Nel frattempo parla con la moglie lamentandosi del fatto che il ragazzo aveva apostrofato come "drogati" alcuni giovani in piazza. Il 45enne, con le sue parole, conferma di essere uno spacciatore: "(i ragazzi apostrofati, ndr) Possono dire 'io sono drogato ma tuo padre è uno spacciatore'... e poi io lo devo impiccare là in mezzo (in mezzo alla piazza, ndr)".