Napoli, anziano morto all'ospedale San Paolo: tre medici a giudizio

Campania
Immagine di archivio (ANSA)

L’ipotesi della procura è di lesioni colpose in cooperazione subite dal paziente, che rimase con gambe e intestino paralizzati a causa di un intervento chirurgico andato male. La vedova: "Me l’hanno ucciso"

Tre medici sono stati citati in giudizio dalla procura di Napoli per la morte di A.M., un 73enne napoletano, in seguito a un'operazione chirurgica dall'esito negativo. I dottori compariranno in aula nel settembre del 2020. L’intervento venne effettuato presso il nosocomio cittadino dei Colli il 2 marzo del 2017, ma l’uomo morì 20 minuti dopo il suo arrivo nel pronto soccorso dell’ospedale San Paolo, sempre nel capoluogo campano, il 17 aprile dello stesso anno. L’ipotesi dell’accusa, sulla base di una perizia, è di lesioni colpose in cooperazione.

L’operazione e la morte dopo un mese e mezzo

A.M. venne sottoposto a un intervento chirurgico curativo il 2 marzo 2017, a causa di una neoplasia pancreatica che lo tormentava. Dalla sala operatoria, però, ne uscì con un ematoma epidurale e gravi problemi motori, che poi si trasformarono in paralisi, a causa della rimozione accidentale di un catetere. I medici non si accorsero delle conseguenze provocate da quella rimozione, ritenuta causa della paralisi. E invece di una risonanza magnetica spinale di controllo, disposero una tac spinale-dorsale. La lesione, che emerse il 7 marzo, costrinse i chirurghi ad operare nuovamente il 73enne. Il paziente venne trasferito in una clinica di Fuorigrotta, per un trattamento riabilitativo. Ma la situazione precipitò e il 17 aprile il 73enne morì. 

La perizia

Secondo quanto si legge nella relazione redatta dal consulente di parte, Saverio Terracciano, "l'arresto cardio-circolatorio è, con elevato criterio di credibilità razionale, riconducibile alla severa ischemia midollare diffusa" e quindi, conclude la perizia, "ci sono multipli elementi per ammettere difetti di condotta tecnico-professionale dei professionisti nella produzione di un danno neurologico e della conseguente drammatica evoluzione clinica, culminata nell'arresto cardiocircolatorio". Stando alla perizia, insomma, A. M. sarebbe stato ucciso da un'ischemia midollare, che nulla a che fare con il tumore. Se ne riparlerà a settembre 2020, davanti a un giudice monocratico del Tribunale di Napoli.

Le dichiarazioni dell’avvocato e della vedova

Sergio Pisani, avvocato della vedova, ha dichiarato: "Riteniamo che la morte sia una conseguenza di quell'errore medico e non del tumore, che non era un adenocarcinoma, ma una neoplasia papillare mucinosa intraduttale. Una grossa differenza, visto che nel primo caso la sopravvivenza a 5 anni è bassa, mentre sale vertiginosamente nel secondo”.
La vedova, invece, commenta così la vicenda: "I medici legali sostengono che sarebbe morto a causa del tumore, ma invece me lo hanno ucciso".

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