Napoli, processo Casapound: cadute le accuse di associazione sovversiva e banda armata

Campania
Foto di archivio (ANSA)

Tutti gli imputati sono stati assolti perché “il fatto non sussiste”. Inflitta un’unica pena detentiva a Enrico Tarantino per porto e detenzione di ordigni esplosivi. L’inchiesta era nata in seguito a violenti scontri tra gruppi di estrema destra e antagonisti 

La seconda Corte di Assise di Napoli (presidente Alfonso Barbarano) ha assolto tutti gli imputati del maxi processo nei confronti dei militanti di Casapound e di altre sigle, come Blocco studentesco e H.M.O. La sentenza ha fatto cadere le accuse di associazione sovversiva e banda armata perché "il fatto non sussiste”. Inflitta un’unica pena detentiva di tre anni a Enrico Tarantino per porto e detenzione in luogo pubblico di ordigni esplosivi, precisamente quattro bottiglie incendiarie. L’inchiesta venne aperta in seguito a violenti scontri, avvenuti tra il 2010 e il 2011, tra gruppi di estrema destra e di antagonisti nel capoluogo campano.

Le richieste di condanna

I giudici hanno quindi respinto la linea accusatoria del pm Catello Maresca, che aveva richiesto, durante la requisitoria, 35 condanne. Le pene più severe furono proposte per quattro imputati, ritenuti capi e organizzatori delle azioni: 8 anni di reclusione furono chiesti per Enrico Tarantino, 6 anni ciascuno per Giuseppe Savuto ed Emmanuela Florino (figlia dell'ex senatore di An, Michele Florino) e Andrea Coppola. Il pm chiese anche pene alternative rispetto all'ipotesi d'accusa secondaria di associazione per delinquere "semplice".

La tesi del pm

Secondo Maresca, le ipotesi di associazione sovversiva e banda armata erano sussistenti perché il gruppo era ispirato da "un'ideologia che cerca lo scontro e si propone di affermare violentemente i propri ideali". Su questi due reati, nella fase delle indagini, si sono registrate decisioni contrastanti: la tesi della Procura è stata accolta dal gip Francesco Cananzi, bocciata dal tribunale del Riesame e riconsiderata invece dalla Cassazione, che aveva ritenuto i fatti al centro dell'inchiesta espressione "di una strategia ideologicamente orientata alla sovversione del fondamento democratico del sistema”.

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