Israele e Hezbollah: prove di guerra in Medio Oriente

Tensione alle stelle in Medio Oriente dopo lo scambio di colpi tra Israele e Hezbollah nella notte tra il 24 e il 25 agosto: una regione perturbata da oltre dieci mesi di guerra a Gaza vede continui focolai di conflittualità aprirsi, e lo scenario di un’espansione del conflitto in Libano è ritenuto uno dei più preoccupanti. Per ora, in ogni caso, la guerra aperta non è deflagrata. Hezbollah ha messo in campo un’azione pensata per rispondere all'assassinio del suo alto comandante Fuad Shukr e per far sentire la risposta del campo sciita guidato dall’Iran alle incursioni di Israele non preoccupandosi di nasconderne il lato dimostrativo. Tra droni mandati in ricognizione avanzata che hanno messo in allerta le difese israeliane e lanci di razzi che si sono limitati all’uso di dispositivi come i Katyuscha, non il fiore all’occhiello della milizia sciita, questo dato appare lampante. La manovra è stata preceduta dagli attacchi preventivi israeliani contro gli apparati balistici del Partito di Dio schierati nel Sud del Libano. E anche se sia Israele che Hezbollah hanno operato per evitare incidenti o vittime collaterali eccessive e le conseguenze della notte di conflitto sono gradualmente rientrate, non mancano le lezioni strategiche che le parti in causa potranno apprendere. Israele e Hezbollah, le lezioni dello scambio di colpi Sostanzialmente, Israele e Hezbollah hanno fissato le reciproche linee rosse. Lo Stato Ebraico lo ha fatto sul fronte prettamente operativo, testando la sua capacità di reagire a una crescente concentrazione di mezzi militari di Hezbollah ai suoi confini. L'Institute for the Study of War riferisce di un tasso di eliminazione delle batterie schierate da Hezbollah al confine tra il 50 e il 67% nell'attacco preventivo di Israele, aggiungendo al contempo che "solo alcuni dei lanciarazzi posizionati da Hezbollah sembravano essere destinati all'uso nell'attacco” e alcuni potrebbero essere stati posizionati “per confondere la direzione e la portata del suo attacco". L'aeronautica dell'Israel Defence Force ha dimostrato di saper agire con precisione contro bersagli mobili e difficili da individuare. Ma anche Hezbollah ha mostrato di aver un metodo d'impiego rodato delle sue forze. A fronte di un impegno parziale delle proprie risorse militari, il Partito di Dio ha messo alla prova il sistema Iron Dome e dimostrato una capacità operativa che lo rende in parte indipendente dal suo sponsor regionale, l’Iran, ma con il quale l’azione è stata sicuramente concordata. Evitare rischi Se da un lato Israele ha testato la prontezza delle sue forze per capire se un conflitto su più fronti oltre quello di Gaza è sostenibile, anche Hezbollah ha tratto dalla notte scorsa importanti lezioni: “Hezbollah potrebbe usare l'attacco per comprendere meglio le capacità e la disposizione delle difese aeree israeliane. E potrebbe anche capire meglio come progettare pacchetti di attacco più efficaci contro Israele, che potrebbero includere un volume di fuoco maggiore o l'uso di missili, piuttosto che solo droni e razzi” scrive Isw. Linee rosse e deterrenza reciproca si saldano in un contesto in cui i due rivali risultano allineati almeno su un punto: né Tel Aviv né il Partito di Dio vogliono una guerra aperta capace di travolgere il Medio Oriente. E pur prendendosi rischi si premuniscono di non spingere il livello dello scontro a un punto tale da portarli nella strada senza ritorno della guerra aperta. Reuters ha riferito di contatti tra esponenti di Hezbollah e militari israeliani dopo lo scambio di colpi per evitare un’escalation. E in un discorso pronunciato nella tarda sertata di ieri il leader di Hezbollah Hasan Nasrallah ha sottolineato che il gruppo valuterà gli effetti degli attacchi prima di dichiarare conclusa la risposta ma ha rassicurato sul fatto che i Libanesi possano ritenersi, almeno per il momento, al riparo da una conflagrazione generalizzata: “Nella fase attuale, il Paese può tirare il fiato e rilassarsi" ha detto Nasrallah. Tensioni generalizzate La tensione resta comunque alta. Nella fase attuale, lo scenario vede un’allarme generalizzato al confine libanese, che si mantiene su un terreno di precario equilibrio da anni, scontrarsi con un clima regionale teso. Israele e Hezbollah si “legittimano” a vicenda come avversari, si prendono le misure ma evitano, in entrambi i casi, il passo falso che potrebbe travolgere non solo il Libano ma anche l’intero Medio Oriente. Oggi più che mai, con la guerra a Gaza, questo scenario è anche quello preferito dall’Iran, sponsor di Hezbollah. A Teheran gli ayatollah si trovano di fronte al dilemma tra l’azione anti-israeliana e il timore di una guerra aperta non voluta e, anzi, temuta. E mentre tutti prendono appunti in termini di strategia militare anche da azioni limitate che, per ora, non sfociano in conflitti generalizzati è bene ricordare che per preservare l’equilibrio precario del Medio Oriente i margini d’errore sono sempre più stretti. E senza un cessate il fuoco a Gaza tale precarietà è destinata a perdurare.