Afghanistan, 1 milione di bambini al lavoro per 50 centesimi al giorno

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Gianluca Ales

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Non ci sono speranze per l’infanzia: il 18% dei minori ha abbandonato la scuola per la mancanza di cibo ed è costretto a turni massacranti e malpagati per poter sostenere la propria famiglia

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KABUL - La prima cosa che colpisce chiunque torni in Afghanistan dopo un po’ di tempo è la quantità di bambini piccolissimi che sciamano nel traffico. Molti chiedono l’elemosina, molti si offrono per piccoli lavori, molti altri rovistano nell’immondizia. È una scena straziante: sono sporchi, evidentemente malnutriti e hanno uno sguardo vacuo, acquoso, quasi distante, come se avessero assunto qualche droga. Ma forse è solo fame.

Amrika? Money!

“Amrika? Amrika? Money!” È quello che gridano al passaggio di qualsiasi straniero. Non c’è alcuna differenza, per loro: tutti gli occidentali sono americani, ricchi, e sono responsabili della loro situazione. Perché è vero, l’infanzia, in Afghanistan, come in tutti Paesi poveri, è molto complicata e finisce presto, appena si è in grado di camminare da soli. Ma mai si era visto un simile esercito di piccoli disperati elemosinare aiuto.

L’ascesa dei talebani ha portato a un forte depauperamento della popolazione. Oggi circa un quinto delle famiglie è stato costretto a mandare i propri figli al lavoro, anziché a scuola, e sono circa 1 milione i minori in tutto il Paese. Ma sono cifre approssimative, anche perché è quasi impossibile verificare i dati, che sono certamente al ribasso.

I dati spietati dell'economia

Nell’ultimo rapporto di Save the Children sull’Afghanistan ci sono dati impietosi: 5 milioni di bambini sono sull’orlo della carestia e l’attuale crisi economica rischia di lasciare più del 90% della popolazione in condizione di povertà, menre il sistema sanitario è al collasso. Mentre le famiglie precipitano in questo abisso, un afgano su 13, circa il 7,5% degli intervistati dalla ONG ha dichiarato di dover ricorrere all’elemosina o di fare affidamento sul sostegno di altri per sfamare i propri cari.

Perfino nella centrale Chart – e – Now, il cuore della zona verde di Kabul, si vedono bimbi rovistare nell’immondizia alla ricerca di plastica che verrà esportata in Pakistan. Difficile quantificare il loro guadagno, ma non supera mai i due dollari al giorno, e non è sicuro.

I fortunati prendono mezzo dollaro al giorno

Chi ha più fortuna sono i bambini che hanno trovato un lavoro “regolare”, come nelle autofficine. Qui la paga è inferiore, e l’orario di lavoro spietato: dall’alba al tramonto per mezzo dollaro. Si tratta di “privilegiati”, perché in effetti imparano un mestiere e in un futuro, ci si augura, magari potranno lavorare. E comunque è un guadagno certo. Modesto, perché permette di comprare appena quattro pagnotte di pane afgano non lievitato, ma comunque un sostegno per le famiglie che con l’ascesa dei talebani hanno perso il proprio di lavoro.

Nel quartiere residenziale di Shah Baba Meena andiamo a vedere con i nostri occhi un’officina dove sono impiegati circa otto bambini: il più piccolo ha otto anni, il più grande 14. Si affannano sui motori e, grazie alle loro dimensioni ridotte, si infilano in piccole buche scavate nella terra per lavorare sotto le macchine. Poco più in là vediamo quelli utilizzati nei cantieri edili, mentre trasportano enormi sacchi di cemento o si affannano con le carriole. Purtroppo, dal ritorno degli Studenti del Corano la situazione dell’infanzia si è aggravata ulteriormente, la crisi economica e la siccità hanno portato il Paese sull’orlo di una crisi umanitaria.

Burqa clad women walk past a billboard put up on the wall of a beauty salon in Kabul on August 7, 2021. (Photo by SAJJAD HUSSAIN / AFP) (Photo by SAJJAD HUSSAIN/AFP via Getty Images)

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L'appello di Save the Children

Il direttore di Save the Children, Chris Nyamandi, ripete l’appello affinché la comunità internazionale non abbandoni il Paese, che ha bisogno di tutto e che, se non ricevesse quel minimo che riesce a giungere, sarebbe già al collasso. Anche se è uno scenario che si avvicina ogni giorno di più.

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