Brasile, annullate le condanne di Lula: l'ex presidente può ricandidarsi nel 2022

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Un giudice della Corte suprema ha annullato tutte le condanne inflitte all'ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva dal pool di magistrati di Curitiba titolari dell'inchiesta 'Lava Jato', la Tangentopoli brasiliana. Lula torna quindi a poter essere eletto per le prossime presidenziali

Un giudice della Corte suprema brasiliana ha annullato tutte le condanne inflitte all'ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva dal pool di magistrati di Curitiba titolari dell'inchiesta 'Lava Jato', la Tangentopoli brasiliana. Lula torna quindi a poter essere eletto per le presidenziali del 2022.

La reazione di Bolsonaro e la sfida per il 2022

Lula, 75 anni, si era sempre dichiarato innocente e vittima di una persecuzione politica da parte del pool dell'inchiesta. Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha criticato la decisione affermando che il giudice "ha sempre mantenuto stretti legami" con il Partito dei lavoratori. Intanto, un sondaggio degli ultimi giorni rivelava che se Lula si fosse candidato avrebbe ottenuto il 50% delle preferenze dei brasiliani.

Lo stop alla candidatura del 2018

La condanna per l'attico di Guarujà, a cui se ne aggiunse in seguito anche un'altra sempre nell'ambito della Lava Jato, impedì a Lula di partecipare alle presidenziali del 2018, in cui era favorito. La sentenza del giudice Sergio Moro spianò la strada proprio all'attuale presidente Bolsonaro, che una volta eletto offrì il posto di ministro della Giustizia proprio a Moro. "È una sentenza politica, vogliono impedire la mia candidatura", protestò Lula. Le prove del presunto accanimento giudiziario contro l'ex presidente-operaio, icona della sinistra mondiale, cominciarono ad emergere nel 2019, durante l'inchiesta sull'hackeraggio dei telefoni e degli account di messaggeria Telegram dell'ex giudice Moro, del pm Deltan Dallagnol e di altri esponenti del pool della procura di Curitiba che indagavano su Lula. Il 'caso Lula', che negli scambi di messaggi veniva indicato con il numero 9, divenne sui media brasiliani il 'caso Moro'. L'ex giudice, che ha lasciato il governo in rotta con il presidente Bolsonaro, è ora consulente di importanti multinazionali, alcune delle quali vennero sfiorate dalle sue inchieste.

L'inchiesta su Lula

L'inchiesta che ha portato alla condanna di Lula ruotava invece attorno alla proprietà di un attico di 216 mq a Guarujà, una delle più esclusive località balneari del litorale paulista. L'immobile, secondo l'accusa, era stato donato dal colosso delle costruzioni Oas all'ex presidente in cambio di lucrose commesse con la compagnia petrolifera statale Petrobras. Ad incastrare Lula era stata la confessione dell'ex presidente dell'Oas Leo Pinheiro, raccolta in carcere in cambio di un sensibile sconto di pena proprio dal giudice Sergio Moro. È comunque probabile che la procura federale di Curitiba faccia ricorso contro la decisione del giudice della Corte suprema.

Le reazioni internazionali

Dopo la notizia della caduta delle accuse per Lula, il presidente argentino Alberto Fernández, numerosi ex presidenti latinoamericani e vari leader progressisti europei hanno espresso vicinanza all'ex leader brasiliano. Via Twitter Fernández, che ha avuto con Lula una conversazione telefonica, si è rallegrato che "giustizia  sia stata fatta", sostenendo che le condanne emesse contro di lui avevano lo scopo di "perseguitarlo ed eliminarlo dalla carriera politica". Dall'Europa, hanno inviato la loro solidarietà il segretario generale del partito spagnolo Podemos, Pablo Iglesias, il leader de 'La France Insoumise', Jean-Luc Mélenchon, e il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo.

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