Namibia, nel Paese africano si tengono le elezioni più incerte degli ultimi anni

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Daniele Brunetti

Il presidente in carica Geingob rimane il favorito ma dovrà far fronte allo scandalo corruzione che ha investito due membri del governo e alla rottura all’interno del suo partito. Tra i candidati, infatti, c’è Pandulen Itula, anche lui membro di Swapo

Oggi 27 novembre 1,3 milioni di namibiani sono chiamati alle urne per eleggere il presidente e i 96 membri dell'Assemblea Nazionale. E a differenza delle precedenti questa tornata elettorale, la sesta dall'indipendenza del 1990, sembra essere meno scontata. Il favorito rimane il presidente uscente Hage Geingob, che nel 2014 ha conquistato la carica con l'87% delle preferenze, ma una spaccatura all'interno del partito di maggioranza, le crescenti difficoltà economiche e un grosso scandalo corruzione potrebbero riservare soprese alle urne. Tra i nove candidati c’è anche il 62enne Panduleni Itula, che non ha accettato la candidatura di Geingob e ha deciso di partecipare alle elezioni senza uscire dal South West African People's Organisation (Swapo), partito di cui fa parte anche il presidente uscente.

Le difficoltà economiche

Le difficoltà elettorali di Geingob sono legate soprattutto all'andamento economico del Paese. In Namibia, che è considerato tra gli stati con il tasso di diseguaglianza più alto, il debito pubblico cresce sempre vertiginosamente e il tasso di disoccupazione si attesta al 33%, con un picco del 46% tra i minori di 35 anni. Una situazione aggravata ulteriormente da due carestie (2017 e 2019), cha hanno portato sul lastrico quasi un quarto della popolazione: secondo le stime governative, lo scorso settembre, 700mila persone avevano bisogno di aiuti alimentari.

Finora non c'è mai stato il ballottaggio

Queste elezioni, nonostante le proteste delle opposizioni che temono brogli, si tengono con il voto elettronico. Possono votare tutti i cittadini che hanno compiuto 18 anni e si sono iscritti alle liste elettorali. Il presidente viene eletto a maggioranza assoluta e nel caso in cui nessuno dei candidati superi il 50% dei voti, verrà organizzato un ballottaggio. Ipotesi che, da quando la Namibia ha ottenuto l'indipendenza, non si è mai verificata. Tra i candidati che cercano di raggiungere questo obiettivo, evitando una rielezione diretta di Geingob, che in passato ha già ricoperto il ruolo di premier per due mandati, c'è il leader dell'opposizione McHenry Venaani. Sostenuto dal gruppo conservatore di centro destra Popular Democratic Movement, ha condotto una campagna elettorale incentrata sui temi della corruzione e dell'innovazione tecnologica, ritenuta l'unica chiave per far uscire dalla miseria vaste fasce della popolazione.

Per Swapo corre anche Itula

La più grande minaccia per il 78enne Geingob, però, è il membro del suo stesso partito, Panduleni Itula. Dentista di 62 anni, ha trascorso gran parte della sua vita nel Regno Unito ed è tornato in Namibia solo nel 2013. La sua scelta di partecipare alle elezioni è figlia di una presunta candidatura illegittima di Geingob. Il presidente uscente, infatti, sarebbe stato nominato come rappresentante del partito in un congresso truccato. Oltre a questa protesta di merito, per Itula, Geingob sarebbe incapace di risollevare il destino economico del Paese oltre ad aver dimostrato di non essere stato in grado di contrastare la corruzione. Tesi che è stata confermata dallo scandalo scoppiato nei giorni scorsi, che ha travolto il ministro della Giustizia e quello della Pesca. Seppur non abbia grandi possibilità di vittoria, Itula potrebbe mettere in seria difficoltà Geingob soprattutto nel nord del Paese anche per una questione tribale. Geingob appartiene all'etnia Damara, mentre Itula è un Oshiwambo, gruppo che nel settentrione della Namibia è maggioritario.

Lo scandalo corruzione sulla pesca

Lo scandalo che ha investito il governo ha che fare con delle tangenti milionarie che avrebbero intascato il ministro della Pesca, Bernhard Esau, e quello della Giustizia, Sacky Shanghala, per favorire l'attività nelle acque territoriali namibiane di Samherji, un colosso islandese della pesca a strascico. L'inchiesta, soprannominata "The FishRot files" - file del "pesce marcio" -  è partita da una serie di documenti diffusi da Wikileaks e mette nel mirino l'equivalente di un miliardo di corone che, tra il 2011 e il 2018, sarebbero state versate per garantire al colosso islandese diversi stock ittici, attraverso la corruzione dei ministri africani.

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