Marò, Italia a Corte arbitrale: “Per India già colpevoli”. Delhi: noi e pescatori vittime

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All’Aja ultima udienza per decidere chi, tra Italia e India, abbia la giurisdizione ad accertare le eventuali responsabilità di Latorre e Girone. L’ambasciatore Azzarello: sono "immuni dalla giustizia straniera". Delhi: "Uccisi 2 esseri umani su una barca indiana"

Si è aperta all'Aja l'ultima udienza davanti al Tribunale arbitrale internazionale sul caso marò. Il tribunale è chiamato a decidere chi, tra Italia e India, abbia la giurisdizione ad accertare le eventuali responsabilità di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati della morte di due pescatori indiani, scambiati per pirati, al largo del Kerala nel febbraio del 2012. “Agli occhi dell'India non c'è presunzione di innocenza: i marò erano colpevoli di omicidio ancora prima che le accuse fossero formulate", ha detto l'ambasciatore Francesco Azzarello. "L'India e due suoi pescatori sono le vittime di questo caso", ha replicato il rappresentante di Delhi, G. Balasubramanian.

Le ragioni dell'Italia: "Immuni dalla giustizia straniera"

Aprendo l’udienza, l'ambasciatore Azzarello ha spiegato le ragioni per cui l'Italia rivendica la giurisdizione sul caso. I due marò "sono funzionari dello Stato italiano", impegnati nell'esercizio delle loro funzioni "a bordo di una nave battente bandiera italiana" e "in acque internazionali", e pertanto "immuni dalla giustizia straniera", ha ribadito. Ha anche ricordato come in India "ci sono stati ingiustificabili rinvii del processo. Sono state inventate speciali procedure, in violazione con la stessa Costituzione indiana”. Azzarello ha sottolineato come anche "le considerazioni umanitarie sono rilevanti: alla fine di questo arbitrato, Latorre e Girone saranno stati privati, a vari livelli, della loro libertà senza alcuna imputazione per otto anni". Considerazioni umanitarie definite "rilevanti" anche nei confronti delle famiglie dei due pescatori: per questo, ha aggiunto Azzarello, l'Italia si impegna a "facilitare la loro partecipazione e rappresentanza" in qualunque procedimento successivo, nel caso venga riconosciuta la giurisdizione italiana. L’ambasciatore ha poi evidenziato come, “dopo anni di tensioni”, le relazioni tra i due Paesi stanno tornando “su un percorso di normalizzazione”.

Delhi: "India e due suoi pescatori sono le vittime del caso"

Durante l'udienza è intervenuto poi il rappresentate di Delhi. "L'Italia sostiene di avere l'esclusiva giurisdizione" sulla vicende dei marò, "ma bisogna tenere a mente che l'India e due suoi pescatori sono le vittime di questo caso", ha detto G. Balasubramanian. E ancora: "Due esseri umani a bordo di una barca indiana sono stati uccisi da individui che erano su una nave commerciale". Secondo l'India, "l'Italia ha infranto la sovranità indiana nella sua zona economica esclusiva" con i due marò che hanno "sparato con armi automatiche contro un peschereccio indiano che aveva pieno diritto a operare in quell'area senza" il timore di "essere fermato, essere oggetto di spari e avere due dei suoi membri di equipaggio uccisi". Il caso, ha concluso il rappresentante indiano, "è materia di tribunali nazionali e non dell'arbitrato internazionale", il cui mandato "si limita all'interpretazione e all'applicazione dell'Unclos (la Convenzione dell'Onu sul diritto del mare, ndr)".

La sentenza entro sei mesi

L’udienza di oggi - mentre Latorre e Girone sono tornati in Italia da qualche anno - è l'ultima tappa della procedura arbitrale avviata dal governo Renzi nel giugno del 2015. L'udienza durerà due settimane, fino al 20 luglio. La sentenza, in base alle norme procedurali, arriverà entro sei mesi. Gli interventi dei rappresentanti governativi dei due Paesi, l'ambasciatore Francesco Azzarello per l'Italia e il sottosegretario agli Esteri G. Balasubramanian per l'India, sono gli unici aperti al pubblico. Gli altri avverranno a porte chiuse. Il collegio è formato dal presidente, il russo Vladimir Golitsyn, l'arbitro italiano Francesco Francioni, l’indiano Pemmaraju Sreenivasa Rao, il sudcoreano Jin-Hyun Paik e il giamaicano Patrick Robinson.

Cos’è il caso marò

Il caso marò è iniziato il 15 febbraio 2012. I due fucilieri di Marina Latorre e Girone erano imbarcati in un'operazione anti pirateria su una nave, l'Enrica Lexie, battente bandiera italiana e che navigava in acque internazionali. Quel giorno sono rimasti uccisi due pescatori, Ajeesh Pink e Valentine Jelastine, al largo delle coste indiane. I due militari italiani hanno sempre sostenuto di aver pensato che si trattasse di un attacco di pirati e di aver sparato colpi di avvertimento in acqua all'avvicinarsi del peschereccio St. Antony. Latorre e Girone sono stati arrestati e trattenuti a Delhi per anni - tra lentezze burocratiche e giudiziarie, rinvii e ricorsi - nonostante l'India non abbia mai formulato un vero e proprio capo d'imputazione e abbia ventilato in passato anche l’ipotesi di una condanna a morte. Prima Latorre nel 2014 e poi Girone nel 2016 hanno ottenuto di attendere a casa la fine dell'iter arbitrale per motivi umanitari. L'Italia, comunque, si è impegnata a rimandarli a Delhi nel caso in cui la Corte decidesse di concedere la giurisdizione all'India.

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