Elezioni europee, alle radici del malessere francese. Viaggio tra i gilet gialli

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Moreno Marinozzi

Il giallo "era il colore perfetto perché si usa quando si è in pericolo, per me la Francia era in pericolo". All'alba delle elezioni europee Sky tg24 ha incontrato il “papà” dei gilet gialli, Ghislain Coutard. VIDEO

Lontano da Parigi, per raccontare la Francia. Il nostro è stato un viaggio nel profondo sud, alle radici di un malessere che è sfociato in quasi trenta settimane di protesta dei gilet gialli, simbolo dell’opposizione sociale ed economica alla presidenza di Emmanuel Macron. Siamo partiti da Narbonne, dove abbiamo incontrato il “papà” dei gilet gialli. Ghislain Coutard è un meccanico di trentasei anni, nell’ottobre scorso ebbe l’idea di usare un gilet giallo per protestare contro i rincari dei carburanti. Il suo video pubblicato su Facebook divenne virale in poche ore: era nata un’icona, la mobilitazione che già viveva sui social network aspettava solo quello per diventare un'onda. “Il colore era perfetto, si usa quando si è in pericolo, la Francia per me era in pericolo” ricorda Coutard, nella sua prima intervista ad un giornalista italiano. “È piaciuto subito a tutti ed è diventato il simbolo, sono fiero di aver lanciato così il movimento”. I gilet gialli sono dilagati in tutta Francia, con la loro carica di contestazione e di violenza, messa in campo nei grandi cortei organizzati ogni sabato, in ogni angolo del Paese. Da protesta è diventata presto quasi un’insurrezione, tanto da fare preoccupare indignare quella “maggioranza silenziosa” trasversale che nel 2017 aveva portato Macron all’Eliseo.

Dai gilet gialli ai foulard rossi

Da questa contro-protesta sono nati i foulard rossi, un piccolo gruppo di opinione che si è raccolto attorno ad un ingegnere aeronautico. Laurent Soulié ci ha raccontato a Tolosa – città tradizionalmente di sinistra - perché tanta gente abbia scelto di indossare quel foulard. “Siamo cittadini che hanno voluto suonare un campanello d’allarme e dire: attenzione, è in corso una deriva nel paese”. Soulié l’ha definita “una reazione repubblicana per difendere i valori della Repubblica” e ci ha spiegato come in tanti aspettino di andare a votare per dare un segnale e confermare il proprio sostegno alla maggioranza presidenziale.

“Io spero che sia l’occasione di dire a Macron che il suo modo di governare, il suo autoritarismo, la sua tracotanza, il suo disprezzo per una parte di Francia siano puniti” è stato, invece l’auspicio di Robert Ménard, sindaco di Béziers, considerato il primo cittadino più a destra di tutto il Paese. La sua è una ricetta fieramente populista, fatta di lotta all’immigrazione clandestina e protezionismo economico. Dal suo punto di osservazione il quadro è semplice: “esistono 2 Francia, una urbana, delle élite e delle possibilità e un’altra rurale, povera e dimenticata”. La crisi dei gilet gialli, in fondo, è stata la traduzione cromatica di questa frattura sociale che parte da lontano.

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