Francia, polemiche e minacce per hijab da corsa: Decathlon sospende la vendita

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Il gruppo aveva annunciato per metà marzo la commercializzazione del Paese d’Oltralpe del velo islamico per le runner. Ma il mondo politico è insorto e gli utenti hanno inondato l’azienda di telefonate e mail arrivando a insultare e minacciare i dipendenti

"No al velo islamico da corsa". Arriva dalla Francia la polemica che ha investito il gruppo Decathlon, travolto dalla rabbia di parte del Paese dopo la decisione di mettere in vendita l'hijab, il velo islamico, per le runner. Non solo critiche, ma anche minacce rivolte a collaboratori e dipendenti dell’azienda, che hanno spinto Decathlon a fare marcia indietro e, come annunciato su Twitter, sospendere la vendita dell’indumento in Francia fino a nuovo ordine.

L’annuncio della messa in commercio

Inizialmente il responsabile per la comunicazione esterna del gruppo, Xavier Rivoire, aveva assicurato che l'hijab da footing sarebbe stato "disponibile in Francia" da metà marzo, dopo il successo riscontrato dall'introduzione nel mercato marocchino. L’indumento, aveva precisato, lascia "il volto libero e visibile". Un dettaglio fondamentale in Francia, dove il velo è vietato negli uffici pubblici. "Rendere lo sport accessibile a tutte le donne nel mondo è quasi un impegno di società", aveva spiegato. Anche Ange'lique Thibault, responsabile jogging di Kalenji, la gamma run del marchio, che ha progettato il "Hijab Kalenji", si era detta "spinta dal desiderio che ogni donna possa correre in ogni quartiere, in ogni città, in ogni Paese, indipendentemente dal suo livello sportivo, dal suo stato di forma, dal suo fisico, dal suo budget e indipendentemente dalla sua cultura".

Gli attacchi dei politici e l’invito al boicottaggio

Dopo l’annuncio, però, si sono scatenate le polemiche. La ministra della Sanità, Agne's Buzyn, ha detto ai microfoni di Rtl che si tratta di un prodotto "non proibito dalla legge" che "rappresenta però una visione della donna che non condivido. Avrei preferito che un marchio francese non promuovesse il velo". Più dura la reazione della portavoce de La Republique En Marche, il partito del presidente Emmanuel Macron, Aurore Bergé: "Lo sport emancipa, non sottomette. La mia scelta di donna e cittadina sarà quella di non dare più fiducia a un marchio che ha rotto con i nostri valori. Chi tollera le donne nello spazio pubblico solo quando si coprono non ama la libertà". Più comprensiva, invece, la ministra responsabile per lo Sport ed ex campionessa di nuoto di origini rumene, Roxana Maracineanu, secondo cui un'azienda privata "può fare ciò che vuole": l'hijab da jogging è un "indumento accettabile", considerato anche che "la pratica sportiva può favorire l'integrazione sociale". Fortemente opposta la portavoce dei Républicains, Lydia Guirous, secondo cui così si rinnegano "i valori della nostra civiltà sull'altare del mercato e del marketing", mentre il Rassemblement National ha puntato il dito contro "una nuova intrusione del comunitarismo islamico nello spazio pubblico". Stessa musica in casa socialista. Con la deputata Valérie Rabaud che ha proposto addirittura di "boicottare Decathlon in Francia", come anche il sovranista presidente di Debout la France, Nicolas Dupont-Aignan: "Ho due figlie non voglio che vivano in un Paese dove il posto delle donne in società regredisce come in Arabia Saudita”.

Il comunicato di Decathlon

Ma le polemiche non sono state solo politiche. L’azienda sul suo profilo Twitter, invitando i suoi utenti alla calma, ha raccontato di insulti e minacce sui social ai dipendenti e di centinaia di chiamate e email relative alla vendita dell’hijab. Da qui la decisione di sospendere la vendita per “garantire la sicurezza dei nostri lavoratori”.

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