Sognando Somaliland, la nazionale di uno Stato che non c'è

Mondo

Alessia de Luca

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Il Somaliland, autoproclamatosi indipendente nel 1991, ufficialmente non esiste. Eppure qui, in una regione piagata dalla siccità, un  allenatore di calcio regala ai bambini il sogno di giocare, un giorno, nella nazionale di calcio di uno stato che ancora non c'è.

Il Somaliland ha tutto quello che una nazione dovrebbe avere: una moneta propria, un territorio con dei confini (più o meno chiari), un parlamento, una bandiera e una capitale, Hargeisa, con tanto di aeroporto. Quello che manca – o meglio mancava - alla più riottosa delle province del Corno d’Africa, autoproclamatasi indipendente dal resto della Somalia nel 1991, è una nazionale di calcio.


Per questo Ahmed Ali - nuovo Ct della Somaliland football Academy – ha lasciato la Gran Bretagna alla volta del paese dei suoi genitori. Insieme ad altri tre colleghi, cittadini britannici di origine somala, è partito da Birmingham per mettere in piedi la prima accademia ufficiale di calcio del Somaliland.


“Quando siamo arrivati non avevamo niente. Mancavano le attrezzature, i finanziamenti e persino i giocatori” mi racconta Ahmed.


“Siamo andati dal ministro dello sport e gli abbiamo detto: siamo disposti a farlo gratuitamente. Alleneremo i ragazzi, metteremo in piedi una selezione. E lui ci ha dato il permesso dicendo: Vi sosteniamo. Potete cominciare anche domani, e fateci sapere se avete bisogno di qualcosa. A patto che non siano soldi”.
 

Da allora è passato un anno: Ahmed Ali, Mohammed Saeed, Abdisalam Ahmed, e Hussein Adan hanno girato tutto il Somaliland, 130.000 chilometri quadrati per circa tre milioni di abitanti, e hanno reclutato 132 allenatori e selezionato 1600 ragazzi.

“Non è stato poi così difficile” racconta. “Il calcio è uno sport molto amato da queste parti e ovunque per strada capita di vedere sciami di ragazzini che tirano calci a un barattolo o corrono dietro a una palla. Una volta abbiamo organizzato un minitorneo di calcio a sette e dopo qualche giorno i partecipanti erano 140. Ognuno aveva chiamato sei o sette amici che volevano giocare”.

Pur essendo rimasto ai margini della guerra civile, che per vent’anni ha logorato la Somalia, il Somaliland è tra i paesi più poveri al mondo. Un bambino su 5 muore prima dei 5 anni mentre siccità e carestia costringono i giovani ad emigrare.

Per questo le prime ad aver accolto l’iniziativa come una benedizione sono state le donne. Madri e sorelle che non sanno più come convincere i propri figli a non partire, per poi vederli scomparire inghiottiti dal deserto e dal mare. “Alcuni allenatori puntano alla Premier League o allo scudetto. Per noi l’obiettivo principale è ridare speranza alle future generazioni di questo paese. Qui in media emigra un ragazzo su sei” racconta ancora Ahmed.

 

Finora, a sostenere i costi – molto contenuti - della SFA sono state le donazioni di alcuni club e associazioni sportive inglesi, ma da oggi sulla piattaforma di crowdfunding gofundme (https://www.gofundme.com/sfczdx-SFA) chiunque può contribuire con donazioni online. “Qui ci si arrangia con poco. E da parte di tutti c’è gande disponibilità a dare un mano quando serve. Per questi ragazzi, immaginare di giocare un giorno con la maglia del proprio paese significa tornare ad avere un sogno”.


Un sogno condiviso in egual misura da ragazzi e ragazze, ci tiene a sottolineare Ahmed. “Sulle ragazze pesa uno stigma culturale, non è ben visto per loro giocare a calcio – spiega – ma poi ci siamo resi conto che al calcio si affianca la preparazione atletica e abbiamo cominciato con quella. La cosa più difficile è stata trovare delle istruttrici. Io credo che ad oggi, in tutta la Somalia, non ci sia una sola preparatrice atletica donna. Da noi le ragazze più grandi imparano anche per insegnare alle più piccole”.


È notizia di pochi giorni fa che la prossima Coppa d’Africa si giocherà in Egitto. Chiedo ad Ahmed se la guarderà: “Direi proprio di sì. Tutti la guarderanno qui. E anche se in pochi forse sanno qual è la capitale dell’Egitto, alla domanda: chi è il giocatore più forte dei Faraoni (il soprannome della nazionale egiziana, ndr), risponderanno in coro: Momo Salah! Qui manca tutto, ma la passione per il calcio, quella c’è. E per noi è questo che conta”.
 

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