Brexit, May sotto assedio: voto di sfiducia forse martedì

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Il ministro dell’Ambiente Gove non si dimette e ferma la raffica di defezioni. I Tories sono però pronti ad avviare la mozione di sfiducia, ma la premier è certa di rimanere in sella. Il sottosegretario alla Sanità Stephen Barclay è il nuovo ministro per la Brexit

Dopo il via libera alla bozza sulla Brexit e le dimissioni a raffica nell’esecutivo, la premier Theresa May è sotto assedio. I Tories sarebbero pronti alla mozione di sfiducia e le procedure di voto potrebbero essere avviate martedì 20. May però continua a tirare dritto: difende l’intesa sull’uscita di Londra dall’Ue ed è sicura di riuscire a tamponare la crisi. Intanto Michael Gove, ministro dell’Ambiente del governo May, non si dimette e ferma l’emorragia di esponenti brexiteers dall’esecutivo. Lo annunciano fonti a lui vicine smentendo indiscrezioni circolate al riguardo dopo il suo presunto rifiuto di sostituire Dominic Raab al dicastero per la Brexit. A succedere a Raab sarà invece il sottosegretario alla Sanità Stephen Barclay. La conferma ufficiale è arrivata da Downing Street. Poco conosciuto, Barclay è stato direttore della Barclay's Bank ed ha votato "Leave" al referendum sul divorzio da Bruxelles. Il mini-rimpasto avviato con la nomina di Barclay si completa con il ritorno al governo di Amber Rudd come ministra del Lavoro, in sostituzione di Esther McVey, tra i fuoriusciti del 15 novembre. Al contrario di Barclay, Amber Rudd è invece una “Remainer”, favorevole alla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea, e altrettanto fedele alla premier May.

Voto su sfiducia a leadership May atteso martedì

Dalla presidenza del partito arriva poi un ulteriore segnale di rassicurazione per May: la premier ha i numeri per "vincere" in caso di mozione di sfiducia alla sua leadership. I Tories sono comunque pronti per l'avvio della sfiducia. Il Chief Whip del Partito Conservatore britannico (capogruppo alla Camera dei Comuni e membro del governo) ha però annullato la convocazione straordinaria annunciata stamattina dell'ufficio di presidenza del gruppo. La convocazione aveva fatto pensare a un imminente inizio della procedura. Il giorno X potrebbe invece essere martedì 20. L'avvio dell'iter richiede la firma di almeno 48 deputati, numero che i ribelli sembrano comunque in grado di raggiungere. Tuttavia, poi, in caso di voto, occorrerebbe un minino di 158 per scalzare May dalla guida del partito, soglia considerata fuori portata salvo sorprese. In caso di sfiducia, la situazione diventerebbe ardua col rischio di un'uscita di Londra dall'Ue col No Deal (GUIDA AL NO DEAL).

May: “Riprenderemo controllo di nostri confini e soldi”

Sempre oggi la stessa May è tornata a difendere la bozza d'intesa sulla Brexit. “Ciò che stiamo facendo è negoziare un accordo che ci permetterà di riprendere il controllo dei nostri confini e di mettere fine alla libertà di movimento una volta per tutte, nonché di riprendere il controllo sui nostri soldi, una vasta somma di denaro che non sarà più versata all'Ue ogni anno". La premier conservatrice, nonostante le manovre interne al partito per un voto di sfiducia contro la sua leadership, si è mostrata sicura di poter restare in sella. E anche di riuscire a ricomporre alla fine i ranghi Tory in parlamento nel voto conclusivo sull'intesa con Bruxelles. Mentre ha ammesso di non poter dare oggi le stesse garanzie per "tutti i deputati" del Dup, piccola forza alleata della destra unionista nordirlandese. La premier ha anche ipotizzato la nomina di un nuovo ministro per la Brexit domani o nei prossimi giorni (BREXIT, LE PROSSIME TAPPE).

Il lavoro di Gove

Gove, secondo indiscrezioni riportate da fonti mediatiche, non solo non intende dimettersi, ma pare abbia convinto altri quattro ministri 'brexiteers' di spicco superstiti a restare come lui nella compagine: il titolare del Commercio con l'Estero, Liam Fox, quello dei Trasporti, Chris Grayling, quella dello Sviluppo Internazionale, Penny Mordaunt, e quella dei Rapporti con il Parlamento, Andrea Leadsom. L'obiettivo concordato dal quintetto sarebbe quello di cercare di mantenere un peso in grado di continuare a condizionare le scelte del governo e di Theresa May e, se possibile, a "migliorare" le intese negoziali con Bruxelles sulla Brexit. "Dimettersi e unirsi alla ribellione non aiuterebbe nessuno", pare abbia detto uno di loro.

I Labour aprono a ipotesi compromesso

Sull’altro fronte, il vertice dell'opposizione laburista torna ad allontanare l'ipotesi di una battaglia per un secondo referendum sulla Brexit - sposata da ampi settori del partito, ma vista con scarso entusiasmo dal leader Jeremy Corbyn - avanzando lo scenario di un possibile compromesso parlamentare. A parlarne è stato oggi John McDonnell, figura chiave dell'entourage di Corbyn. McDonnell ha evocato "una maggioranza trasversale abbastanza certa" ai Comuni su un ipotetico testo rivisto della bozza definita a Bruxelles dalla premier conservatrice. Un testo in cui - ha detto - la permanenza nell'unione doganale e il mantenimento di "relazioni con il mercato unico" fossero garantite a tempo indeterminato fino al raggiungimento di un successivo accordo accettabile per tutti sulle relazioni future.

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