Yemen, la crisi dimenticata

Mondo

Gianluca Ales

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In Yemen si consuma la più grave crisi umanitaria odierna. Migliaia di morti, milioni di persone alla fame, violenti scontri tuttora in corso. Ma ne parlano in pochi. Perché?

15mila morti, 18 milioni di persone che soffrono la fame, 5 di questi bambini. Le cifre che descrivono la crisi dimenticata dello Yemen sono terribili, addirittura più sconvolgenti della guerra di Siria che, nonostante sia scesa nelle scalette dei media internazionali, ha avuto comunque una sua copertura. Lo Yemen no. Eppure si tratta – dati Onu – dell’emergenza umanitaria più grave attualmente.  Secondo quanto riportato Unicef e Save the Children, sono in particolare i bambini a pagare il prezzo più alto. Uno su due è affetto da malnutrizione, e 400mila nella sua forma cronica, cioè un passo prima della morte per fame. Sono poi circa 3600 i minori morti nel conflitto. Un conflitto che – appunto - sfugge ai radar dei media per una serie di motivi che suonano come un appello alle nostre coscienze

Il “regalo avvelenato” di Khashoggi

Probabilmente, se lo potesse sapere, Jamal Khashoggi, il giornalista “scomparso” nella sede del consolato saudita di Istanbul, sarebbe soddisfatto di sapere che la sua morte orribile ha almeno riportato sotto i riflettori il caso yemenita. Perché era proprio l’intervento promosso dalla Monarchia Saudita contro i ribelli Houti il principale argomento delle sue critiche all’erede al trono, Mohamed bin Salman. Critiche che probabilmente lo hanno condannato a morte ma che il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha riproposto al vecchio re Salman. La missione impossibile di Pompeo era salvare il legame con i Saud e al tempo stesso mandare un segnale distensivo alla Turchia. E questo segnale, probabilmente, sarà una de-escalation in Yemen, dove è proprio l’intervento della coalizione a guida saudita a provocare il blocco degli aiuti umanitari.

La parabola di Mbs

È del tutto evidente che quello saudita in Yemen è un intervento inutile e costoso che, oltre a provocare una grave crisi umanitaria, ha avuto un esito incerto. Gli Houti, milizie sciite sostenute dall’Iran (anche se il supporto degli ayatollah è stato probabilmente sopravvalutato), grazie alla configurazione montagnosa della regione, riescono a opporre una resistenza feroce, nonostante l’evidente superiorità dei mezzi della coalizione internazionale. La conquista dello strategico porto di Hodeida si è trasformata in un braccio di ferro lungo e devastante. Non solo. Il mondo arabo ora guarda con crescente sospetto all’ascesa del delfino Mohamed bin Salman, noto come Mbs. Suscita timori soprattutto la sua deriva autoritaria, pur in uan monarchia assoluta, dopo la breve stagione di aperture di facciata, come ad esempio la concessione della guida per le donne. Così il brutale intervento in Yemen diventa un caso che va ad affiancarsi alle epurazioni della precedente leadership saudita, ora in gran parte agli arresti al Ritz Carlton di Riyadh.

Le cause del silenzio

Di fronte a una simile tragedia è spontaneo chiedersi il perché del silenzio dei media, occidentali in primis. C’è sicuramente il fatto che lo Yemen, dal punto di vista della sicurezza, è probabilmente uno scenario addirittura peggiore della Siria: instabilità, presenza di al Qaeda e formazioni islamiste, schieramenti continuamente mutevoli, informazioni dubbie e difficili da verificare. Un vero incubo per gli operatori dell’informazione. Ma non basta. È probabilmente esagerata – ma non del tutto erronea - l’interpretazione un po’ complottista che vede l’origine del silenzio nella fornitura di armi all’Arabia Saudita da parte delle nazioni occidentali. Ha fatto scalpore, ad esempio, la notizia che un’azienda sarda fosse coinvolta nel commercio. Ma è un giudizio etico, non politico. La realtà, forse, è addirittura più cinica. L’Arabia Saudita continua a essere l’alleato principale americano ed europeo in Medio Oriente. Secondo la logica per cui “il nemico del mio nemico è mio amico” Usa e Francia hanno fornito il loro sostegno (forse non solo politico, se si vuol dare retta a “le Figaro”) . Un sostegno – oggi - sempre più imbarazzante.

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