Polonia, stato di diritto a rischio: Commissione Ue avvia sanzioni

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Per la prima volta scatta il processo per attivare l'articolo 7. Il Paese è stato anche deferito alla Corte Ue, ultima fase della procedura di infrazione sul sistema giudiziario. Nel mirino c’è la riforma della giustizia di Varsavia, che replica: andremo avanti

La Commissione europea ha fatto scattare la procedura per attivare l'articolo 7 del Trattato contro la Polonia. Non solo: ha deciso di deferire la Polonia alla Corte Ue, passando all'ultima fase della procedura di infrazione sul sistema giudiziario ordinario. Una decisione presa per il rischio, secondo l’Ue, di violazione grave allo stato di diritto nel Paese. Lo ha annunciato il vicepresidente vicario della Commissione, Frans Timmermans, dopo la discussione alla riunione dei commissari. Nel mirino dell’Ue c’è la riforma della giustizia di Varsavia, che limita l'autonomia della magistratura. Avviato, quindi, l’iter verso possibili sanzioni. È la prima volta nella storia dell’Unione. Ora starà al Consiglio decidere se andare avanti con l'iter. La Polonia, intanto, ha fatto sapere che andrà avanti con la riforma e il presidente Duda ha annunciato che firmerà le due controverse leggi che limitano i poteri della magistratura.

Timmermans: “Non ci hanno lasciato scelta”

“Non ci hanno lasciato scelta”, ha detto Timmermans che ha anche spiegato che la Polonia ha varato “13 misure che hanno messo a serio rischio l'intero sistema giudiziario”, che non è più regolato “dalla separazione dei poteri”. Negli ultimi due anni, ha aggiunto, “abbiamo fatto tutto ciò che era umano per cercare di trovare un dialogo. Provo un senso di frustrazione per non aver raggiunto ciò che volevamo”. Con l'attivazione dell'articolo 7, ha detto ancora Timmermans, “chiediamo a Parlamento e Consiglio di aiutarci a risolvere il problema, ora anche loro potranno inviare delle raccomandazioni a Varsavia”. “Da dicembre 2015 – ha spiegato – la Commissione ha fatto tutti gli sforzi possibili, con tre raccomandazioni e oggi ne inviamo una quarta, e numerosi contatti. E siamo sempre aperti al dialogo”.

La riforma contestata

Come detto, nel mirino dell'Ue c'è la riforma della giustizia del Paese centro-orientale. Riforma che limita l'autonomia della magistratura. Il dialogo sullo Stato di diritto avviato negli scorsi mesi dalla Commissione non ha portato a risultati concreti: in un parere adottato l'8 dicembre, la commissione di Venezia del Consiglio d'Europa ha constatato che le riforme proposte in Polonia sul Consiglio nazionale della Magistratura, la Corte suprema e i tribunali ordinari "mettono seriamente a rischio" l'indipendenza di "tutte le parti" del sistema giudiziario polacco. Ad aumentare le distanze tra Bruxelles e Varsavia è stato il via libera a dicembre a due leggi, una sul Consiglio della magistratura e una sulla Corte suprema, che affidano i poteri di nomina dei nuovi membri a ministro della Giustizia (che copre già la carica di procuratore generale) e presidente, privando la magistratura della propria autonomia e sottomettendola al potere esecutivo. A votarle è stato il Parlamento, con la maggioranza del partito di destra Diritto e Giustizia (Pis) del leader Jaroslaw Kaczynski. Contro le nuove leggi, nel Paese si sono svolte diverse manifestazioni. La votazione è arrivata dopo un acceso dibattito parlamentare, durante il quale i deputati dell'opposizione hanno gridato "dittatura, dittatura". Nel luglio scorso, dopo la prima approvazione, il presidente polacco Andrzej Duda si era rifiutato di firmare le due controverse leggi, suscitando l'ira di Kaczynski, e aveva poi presentato propri progetti di legge accolti dal Pis. Il leader del maggiore Partito di opposizione Piattaforma civica, Grzegorz Schetyna, ha fatto appello a Duda a non firmare di nuovo le leggi, ritenendo che violino la costituzione.

Varsavia: andremo avanti sulla riforma

Duda, però, non ha ascoltato questi appelli. Anzi, dopo la decisione di Bruxelles, ha annunciato che ha deciso di firmare le due leggi che limitano i poteri della magistratura, mettendo i tribunali sotto un maggiore controllo politico. Duda ha spiegato che le leggi arrivate sul suo tavolo per la ratifica sono migliorate rispetto a quelle che erano state criticate dall'Ue. Prima della conferma del presidente, Varsavia aveva già fatto sapere che sarebbe andata avanti sulla riforma della giustizia. A dirlo era stato il ministro guardasigilli Zbigniew Ziobro, secondo il quale quella di Bruxelles è “una mossa politica”, che cerca di esercitare pressione. La Polonia, aveva aggiunto, rispetta lo stato di diritto e le soluzioni che si propone di implementare in questo Paese esistono in altri Paesi.

L'articolo 7

La minaccia di un intervento dell'Ue sulla questione era nell'aria da tempo. Nei suoi avvertimenti, iniziati nel luglio 2016, Bruxelles aveva messo in guardia il governo di Varsavia: se avesse legiferato per acquisire il potere di allontanare i giudici dell'Alta corte, sarebbe partita la procedura per attivare le sanzioni più gravi, previste dall'articolo 7. La Commissione europea non ha mai fatto ricorso a questa procedura, che potrebbe portare a sanzioni. Nella sua forma più pesante, prevede anche la sospensione del diritto di voto del Paese al Consiglio. Tuttavia, prima di arrivare alle sanzioni e per far scattare il secondo comma dell'articolo 7 (quello che priva il Paese del voto), serve l'unanimità degli Stati membri per constatare l'esistenza di una violazione grave e persistente. L'Ungheria ha già annunciato che si esprimerebbe contro questa ipotesi. Dai principali gruppi del Parlamento europeo è arrivato un coro quasi unanime di approvazione per l'attivazione dell'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea. Soddisfazione per la mossa dell'esecutivo Ue è stata espressa dai capigruppo di Ppe, S&D, Alde, Verdi e Gue/Ngl. Tra le voci fuori dal coro, invece, quella del fondatore dell'Ukip Nigel Farage.

Soddisfatta Amnesty

La decisione “senza precedenti” è stata accolta “con favore” da Amnesty International. “Il governo polacco – ha detto Iverna McGowan, direttrice dell'ufficio per le istituzioni europee della ong – sta finalmente vedendo le conseguenze della sua spericolata spinta a distruggere le libertà nel Paese”. “La storica decisione della Commissione europea di innescare l'articolo 7 – ha concluso – invia un messaggio chiaro alle autorità polacche: il calpestamento dei diritti delle persone non sarà tollerato”.

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