Famiglia canadese libera dopo 5 anni in ostaggio dei talebani

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Il padre, la madre e i loro tre figli nati durante la prigionia sono tornati a casa. Dopo la liberazione, Joshua Boyle, il padre, ha raccontato ai giornalisti che i carcerieri hanno ucciso un'altra figlia. Ma l'intelligence americana ha qualche dubbio sulla sua storia

Una famiglia tenuta in ostaggio dai talebani afghani per cinque anni è tornata a casa, in Canada. Joshua Boyle, canadese, Caitlan Coleman, americana, e i loro tre figli nati durante la prigionia, sono stati liberati qualche giorno fa grazie a un blitz delle forze pakistane. “Se siamo ancora vivi è un miracolo”, ha detto il 34enne padre dei bambini una volta libero, raccontando poi ai giornalisti di una figlia uccisa dai propri carcerieri e di ripetute violenze sessuali subite dalla moglie incinta.

La figlia uccisa e le violenze sulla moglie

"La stupidità e la cattiveria della rete Haqqani – affiliata ai talebani – di rapire un pellegrino e sua moglie incinta di vari mesi impegnata nell'assistenza di persone bisognose nelle regioni afghane controllate dai talebani è stata eclissata solo dalla stupidità e cattiveria di autorizzare l'uccisione della mia figlia femmina", ha detto Boyle ai giornalisti che lo aspettavano all’aeroporto di Toronto. E, ha aggiunto, ora il suo scopo è quello di regalare ai figli traumatizzati l’infanzia fino ad ora negata, perché cresciuti in cattività. Joshua e Caitlan, in una breve comunicazione, hanno raccontato di aver cercato di proteggere i figli facendo loro credere che le catene facevano parte di un gioco con le guardie.

Il blitz della liberazione

Durante il raid in cui la famiglia è stata liberata, Boyle sarebbe rimasto ferito ad una gamba, colpito da una scheggia durante la sparatoria. Secondo quanto riporta l’Ansa, una trentina di uomini delle forze speciali pachistane, avrebbero individuato, sulla base delle informazioni fornite dagli 007 americani, il convoglio nel quale viaggiavano i cinque, in una zona tribale al confine tra Afghanistan e Pakistan. Durante l’attacco, sarebbero stati uccisi una decina di militanti talebani.

Il rapimento

Boyle e Coleman, all’epoca incinta del primo figlio, furono rapiti l’11 ottobre del 2012 mentre si trovavano nella regione di Maidan Wardak, in Afghanistan. Sembra che i due stessero facendo un viaggio “zaino in spalla”, cominciato in Russia e proseguito in Paesi dell'Asia centrale come Kazakistan, Tagikistan e Kirghizistan.

Gli appelli nei video

In questi anni i familiari della coppia avevano ricevuto notizie solo attraverso lettere e video. Il 31 agosto dello scorso anno i due avevano lanciato un disperato video-appello in cui sostenevano che le loro vite correvano "gravi pericoli" perchè il governo di Kabul continuava a giustiziare i prigionieri jihadisti. L’ultimo appello risale invece allo scorso dicembre, in un filmato nel quale chiedevano ai loro governi di intervenire per la loro liberazione. La registrazione era stata pubblicata a seguito delle indiscrezioni secondo cui il governo afghano era sul punto di uccidere Anas Haqqani, il figlio del talebano che fondò l'omonima rete, catturato nel 2014.

I dubbi sulla storia di Boyle

Ma la storia di Boyle ha sollevato anche qualche dubbio. Secondo quanto riferito dalla Cnn, dopo la liberazione, il 34enne canadese si sarebbe rifiutato di imbarcarsi su un aereo militare americano per lasciare il Paese. I media americani ipotizzano che l’uomo fosse preoccupato di subire ripercussioni dal governo a causa del suo passato. L’uomo, infatti, in passato è stato sposato – e poi divorziato – con Zaynab Khadr, sorella maggiore di un ex detenuto (canadese) di Guantanamo, Omar Khadr, e figlia di Ahmed Said Khadr, un tempo finanziatore di al-Qaida e di Osama bin Laden. Anche se dal dipartimento di Stato Usa affermano che, al momento, non c’è nessuna accusa nei confronti della coppia, i media ipotizzano che gli 007 americani potrebbero non credere alla versione del rapimento avvenuto durante una semplice escursione.

Le parole di Boyle contro la politica estera americana

Boyle avrebbe poi sottolineato in una nota consegnata all'agenzia statunitense Ap, tutto il proprio disaccordo con la politica estera americana. "I loro interessi non sono i miei interessi", avrebbe scritto. "Dio ha dato a me e alla mia famiglia una ineguagliabile resilienza e determinazione – continua Boyle – e permettere che ristagnino per perseguire piaceri personali o comodità mentre c'è ancora nel mondo deliberata e organizzata ingiustizia sarebbe un tradimento di tutto ciò in cui credo, e l'equivalente di un sacrilegio".

La soddisfazione di Trump per i rapporti con il Pakistan

Dopo la liberazione dei prigionieri, il presidente americano Donald Trump ha espresso la propria soddisfazione, parlando di "momento positivo" per le relazioni tra Usa e Pakistan e sottolineando che la collaborazione del governo di Islamabad "è un segnale che risponde al desiderio dell'America di fare di più per la sicurezza nella regione". Anche la ministra degli Esteri canadese Chrystia Freeland si è detta "molto sollevata" e ha ringraziato i governi di Usa, Afghanistan e Pakistan per gli sforzi compiuti per ottenere la liberazione dei cinque prigionieri.

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