Hiv, l'aspettativa di vita cresce di 10 anni in Europa e Nord America

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Il nastro rosso simbolo della lotta all'Aids all'ingresso del Parlamento austriaco a Vienna (Getty Images)
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Secondo uno studio dell'Università di Bristol, pubblicato su The Lancet, grazie ai nuovi farmaci, un paziente ventenne che ha iniziato la terapia nel 2008 ha una speranza di vita che si avvicina a quella di un giovane sano

La speranza di vita dei pazienti affetti da Hiv nei Paesi occidentali è aumentata di dieci anni rispetto al 1996, anno in cui fu introdotta la triterapia antiretrovirale (Art). Lo sostiene uno studio pubblicato giovedì 11 maggio sulla rivista scientifica britannica “The lancet Hiv”.

Speranza di vita si avvicina ai 78 anni

Secondo i ricercatori dell'Università di Bristol, che hanno condotto lo studio, attualmente l'aspettativa di vita di un paziente ventenne europeo o nordamericano che ha iniziato il trattamento a partire dal 2008 si avvicina a quella della popolazione generale, che in Europa è in media di 78 anni (in Italia, alla nascita, è molto più elevata: 81 anni per gli uomini e 86 per le donne). Questo significa che la speranza di vita è aumentata, rispetto all''anno d'esordio della terapia, di dieci anni per i maschi e di nove per le femmine.

 

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Terapia migliorata nel tempo

La Art – che associa tre sostanze per bloccare i danni causati dal virus dell'Hiv al sistema immunitario – è utilizzata da oltre 20 anni, ma i medicinali introdotti negli ultimi anni hanno minori effetti secondari e impediscono meglio al virus di riprodursi e di resistere al trattamento. “Posto che le cure moderne sono molto efficaci – spiega Adam Trickey, uno degli autori della ricerca – ciò su cui dobbiamo focalizzarci restano le questioni legate al buon proseguimento della terapia, alla diagnosi tardiva e al trattamento delle infezioni associate all'Hiv”.

La mole dati raccolti

Lo studio si è basato sui dati di 88.504 pazienti con l'Hiv, raccolti in 18 Paesi provenienti da Europa e America del Nord, che hanno cominciato il trattamento con gli anti-retrovirali tra il 1999 e il 2010. La comparazione di questi dati ha dimostrato come il numero dei decessi durante i primi tre anni sia meno elevato nelle persone che hanno iniziato le cure tra 2008 e 2010 rispetto a quelle che lo hanno fatto nel periodo precedente.

L'uso di droghe penalizza i pazienti

Il miglioramento, però, non si è registrato tra tutti i pazienti: la speranza di vita di quelli che sono rimasti infettati in seguito all'iniezione di droghe come l'eroina, ad esempio, non è cresciuta allo stesso livello che negli altri. E qui risiede una delle riserve dello studio: i dati positivi registrati negli ultimi anni potrebbero essere la conseguenza di una modifica dei comportamenti delle persone nel corso del tempo. Tra le persone con l'Aids che hanno iniziato le cure dal 2008 in poi, infatti, sono minori i casi di contagio tramite iniezione.

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