Malala Yousafzai, la studentessa pachistana, che ha levato la sua voce a difesa dell'istruzione per tutti, la più giovane candidata al prossimo premio Nobel per la Pace, è stata insignita giovedì 10 ottobre dall'europarlamento del premio Sakharov. Ancora un prestigioso riconoscimento al suo impegno, tra i tanti già ottenuti. E' "una ragazza eroica", ha detto nelle motivazioni il presidente dell'europarlamento Martin Schulz.
Nonostante la sua giovane età, Malala, che ha da qualche mese compiuto 16 anni, ha conquistato il diritto a prendere la parola alle Nazioni Unite il 12 luglio scorso durante una sessione dedicata al problema dei giovani. Ma ha anche ricevuto il primo premio nazionale pachistano per la gioventù e il settimanale Time l'ha recentemente inserita fra le 100 donne più influenti del mondo, dedicandole una copertina.#Malala Yousafzai winner of 2013 #Sakharov Prize. Brave advocate for education reminds us of our duty towards children & espec. girls
— Martin Schulz (@MartinSchulz) October 10, 2013
I Talebani: “Non merita premio, la uccideremo” - Shahidullah Shahid, portavoce dei talebani pakistani del Ttp, non ha gradito il conferimento del premio: “Non ha fatto nulla per meritarselo”. Ed è tornato a minacciarla: "Cercheremo ancora di uccidere Malala, magari anche in America o nel Regno Unito. I nemici dell'Islam la stanno premiando perché ha abbandonato l'Islam e si è secolarizzata”. Malala "sta ricevendo premi - ha aggiunto Shahid - perché sta lavorando contro l'Islam. La sua battaglia contro l'Islam è la ragione principale dei suoi premi".Congratulations to #Malala Yousafzai, new #Sakharov laureate! Read all about it here http://t.co/IG2HcDvL8h http://t.co/xxqUvKbSpy
— European Parliament (@Europarl_EN) October 10, 2013
Dal blog all’attentato - Nata il 12 luglio 1997, Malala divenne celebre all'età di tredici anni quando iniziò a scrivere un blog per la BBC, nel quale denunciava i soprusi dei talebani pakistani, contrari ai diritti delle donne, e la loro occupazione militare del distretto dello Swat. Il 9 ottobre 2012, mentre tornava a casa da scuola a Mingora, fu centrata con vari proiettili alla testa e al collo. I talebani pakistani, infuriati dall'impegno della ragazza per l'istruzione femminile, rivendicarono la responsabilità dell'attacco, sostenendo che lei "è il simbolo degli infedeli e dell'oscenità"; Ihsanullah Ihsan, portavoce del gruppo terrorista, minacciò che, qualora fosse sopravvissuta, la giovane sarebbe stata nuovamente oggetto di attentati.
“Non sarò ridotta al silenzio” - Ma, lei, prima ricoverata all'ospedale militare di Peshawar, in seguito trasferita in un ospedale del Regno Unito, è sopravvissuta. Anzi, dal Queen Elizabeth Hospital di Birmingham, ospedale dove vengono curati anche i soldati britannici feriti in Afghanistan, è uscita con le sue gambe il 4 gennaio, salutando una piccola folla che l'ha applaudita. "Non sarò ridotta al silenzio dai talebani", aveva affermato con orgoglio a luglio intervenendo al Palazzo di Vetro. Sulle spalle, lo scialle appartenuto a Benazir Bhutto.