Egitto, dietro front di Morsi: annullato decreto sui poteri

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Dopo gli scontri in piazza, che hanno causato vittime e feriti, il presidente ha revocato le contestate misure che rendevano inappellabili le sue decisioni. Resta però fissato per il 15 dicembre il referendum sulla costituzione

A sorpresa sembra essersi sbloccata nella serata dell’8 dicembre l'impasse che opponeva da giorni il presidente egiziano Mohamed Morsi ai suoi avversari politici, creando di un nuovo un clima da guerra civile, oltre un anno dopo la primavera araba. Poco prima della mezzanotte italiana, forse per il timore di un colpo di mano dei militari, Morsi ha annunciato la revoca del decreto con il quale ha reso inappellabili le sue decisioni. Pur senza modificare la data del referendum sulla costituzione indetto il 15 dicembre, il presidente ha invitato le opposizioni a suggerire modifiche alla bozza di costituzione.

In partenza, l'invito di Morsi alle opposizioni ad un incontro a palazzo sembrava essere andato completamente a vuoto. All'appuntamento si era presentato solo il leader del partito liberale Ayman Nour, mentre il Fronte di salvezza nazionale, come annunciato, aveva boicottato l'appuntamento. E anche in serata il Fronte aveva detto di non voler recedere di un millimetro dalle sue rivendicazioni. C'erano invece tutte le forze islamiche, che riunite nella coalizione islamica hanno detto no a qualsiasi rinvio del referendum. "Il decreto costituzionale è annullato da subito", ha detto Selim al Awa, rappresentante della coalizione islamica che ha partecipato, insieme con altre forze politiche, alla riunione dell’8 dicembre nella quale il presidente Morsi ha deciso di annullare il decreto che ampliava i suoi poteri. "Il presidente è stato presente per tutta la durata della riunione e ha dichiarato che avrebbe rispettato tutte le decisioni prese", ha aggiunto il politico.

I militari hanno fatto sentire la loro voce per la prima volta, sostenendo la necessità di avviare un dialogo serio, ottenendo quindi qualche risultato. L'alternativa è il baratro per il paese e questo, hanno detto le forze armate in un comunicato letto da uno speaker alla televisione di stato, i militari non lo possono consentire perché "sono vicini al popolo". Per la prima volta dal 4 dicembre, l’8 dicembre non ci sono state manifestazioni di oppositori davanti al palazzo presidenziale di Ittahadeya dove alcune decine di manifestanti hanno fatto un sit-in in nottata e i genieri dell'esercito in mattinata hanno provveduto ad alzare ulteriormente le barriere di cemento issate per impedire ai manifestanti di avvicinarsi. Ma se la piazza è stata tranquilla, tranne davanti alla sede di varie televisioni via satellite dove hanno manifestato migliaia di supporter salafiti e della Fratellanza, i segnali arrivati dalla politica non sono stati incoraggianti, almeno fino al dietro front parziale di Morsi.

Fatto del tutto inusuale, il numero uno e il numero due della Confraternita hanno fatto uscite pubbliche per dire che difenderanno l'Egitto e la costituzione a costo di "qualsiasi sacrificio" così come la legittimità del regime. Prima la guida spirituale Mohamed Badie nella sede di Fratelli musulmani assaltata a Moqattam al Cairo, e poi Khairat el Shater, il suo numero due e l'uomo che avrebbe dovuto essere ora al posto di Morsi se non fosse stato escluso dalla corsa presidenziale per un intoppo legislativo, hanno fatto una conferenza stampa quasi a rendere visibile e tangibile che la Confraternita c'è e vuole fare sentire la sua voce in questa fase cruciale della transizione egiziana.

Nel loro comunicato le forze armate invitano ad evitare lo scontro, ribadiscono la necessità di una intesa e al tempo stesso affermano di rispettare le regole della democrazia. Ma sottolineano anche che "eserciteranno sempre il loro ruolo e sono consapevoli delle proprie responsabilità nazionali per il mantenimento degli interessi superiori della patria e la protezione delle sue strutture vitali". Difficile sapere se questo riferimento al loro ruolo fosse da leggere in tandem con le indiscrezioni riportate dal quotidiano governativo al Ahram secondo il quale Morsi intende emanare un decreto per attribuire ai militari i poteri (attualmente attribuiti solo alla polizia) di arrestare civili, almeno fino alla tenuta del referendum e delle elezioni politiche che dovrebbero seguire la consultazione referendaria.

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