Egitto, dopo nove mesi di processo la sentenza per Mubarak

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L’ex presidente rischia la pena capitale. Secondo l’accusa ha ordinato l’uccisione dei manifestanti in piazza Taharir. Il verdetto è atteso per il 2 giugno. Intanto, il consiglio militare egiziano ha ordinato la fine della legge di emergenza

E' attesa per sabato 2 giugno, dopo nove mesi di processo, la sentenza che il giudice Ahmed Refaat emetterà nei confronti dell'ex presidente Hosni Mubarak, l'uomo che ha guidato l'Egitto per oltre 30 anni. L'ex capo di Stato e i suoi figli, Gamal e Alaa, l'ex ministro degli Interni Habib al-Adly e l'imprenditore Hussein Salem sono accusati di corruzione e di aver ordinato l'uccisione di manifestanti pacifici durante la Rivoluzione del 25 gennaio.

Il processo - Caratterizzato da scontri giudiziari, testimonianze di alto profilo e potenziali capri espiatori, quello a carico di Mubarak è per molti versi considerato il processo del secolo. Il dibattimento ha registrato oltre 1.600 testimonianze, in gran parte poliziotti e testimoni oculari della rivolta. I racconti più significativi si riferiscono all'incontro tra l’ex ministro degli Interni Adly e un suo stretto collaboratore nel quale il ministro degli Interni avrebbe ordinato di usare più forza possibile contro i manifestanti. Altri testimoni riferiscono della distribuzione di armi alla polizia prima che manifestanti fossero uccisi. Poche informazioni sono invece arrivate dalle testimonianze di alto livello, ovvero dal capo del Consiglio supremo delle Forze Armate Hussein Tantawi, del Capo di Stato Maggiore Sami Anan, dell'ex capo dell'Intelligence Omar Suleiman e dell'ex ministro degli Interni Mansour Essawy.

Accusa e difesa - L'accusa ha quindi riferito in Tribunale che le istituzioni statali sono state poco cooperative nel fornire informazioni. Il procuratore generale, che ha chiesto la condanna a morte per Mubarak, si è basato soprattutto sulle testimonianze degli ufficiali piuttosto che su prove concrete che provassero come gli ordini di sparare venissero dall'ex rais. Per questo la difesa di Mubarak, guidata da Farid al-Deeb, ha sostenuto che le prove contro di lui non sono sufficienti per provare l'accusa. Deeb ha anche sostenuto che Mubarak è ancora il presidente dell'Egitto e per questo non può essere processato. In un'altra occasione Deeb ha detto che siccome Mubarak è un ex militare deve essere processato in un Tribunale militare. Impossibile prevedere i termini della sentenza, che dipenderanno dal giudice, che può scegliere su quali prove basarsi e come interpretarle. Esperti legali ritengono improbabile che Mubarak venga condannato a morte, pena che invece potrebbe essere riservata ad Adly o suoi assistenti come capri espiatori. L'ergastolo per Mubarak dipende invece dalla determinazione del giudice di usare a suo carico le prove di aver ordinato l'uccisione di manifestanti. Per quanto riguarda il reato di corruzione, invece, la pena massima prevista contro Mubarak è di 15 anni di carcere.

Fine stato di emergenza - La sentenza nei confronti di Mubarak arriverà due giorni dopo l’annuncio da parte del consiglio militare egiziano della fine della legge d'emergenza in vigore da oltre trent'anni. Il consiglio federale ha comunque promesso che continuerà a garantire la sicurezza del Paese. I militari si erano già impegnati a cedere i poteri a fine giugno al nuovo presidente che uscirà dal ballottaggio tra il candidato dei Fratelli musulmani, Mohamed Morsi, e l'ex premier di Mubarak, Ahmad Shafiq. Morsi ha già fatto sapere che si opporrebbe a un'estensione dello stato d'emergenza. La legge sullo stato d'emergenza, che permette di detenere i sospetti senza incriminarli e di svolgere processi davanti a tribunali speciali, era stata prorogata per l'ultima volta di due anni nel maggio 2010, sia pure limitandone l'applicazione alla lotta al terrorismo e al narcotraffico. Dopo la rivoluzione di Piazza Tahrir del gennaio 2011 e la cacciata di Mubarak si erano moltiplicati gli appelli per la sua revoca, in quanto limita i diritti civili e politici, ma i militari avevano continuato ad applicarlo per il "teppismo", una formula che consentiva di impiegarlo per la repressione delle proteste di piazza.

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