Videla confessa: "Abbiamo sterminato 7-8 mila desaparecidos"

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L'ex dittatore argentino, Jorge Rafael Videla, in una foto del 2010
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Per la prima volta l'ex dittatore argentino ammette le azioni del regime militare argentino contro i sovversivi: "Sarebbe stato impossibile fucilarli in massa, tantomeno portarli davanti alla giustizia. Per questo abbiamo pensato di farli sparire"

di Emiliano Guanella

BUENOS AIRES - “Non avevamo alternative, ci abbiamo pensato a lungo, ma non c’era scelta; dovevamo eliminare sette, ottomila sovversivi, persone pericolose per il paese. Non doveva essere evidente, la gente non doveva accorgersene. Sarebbe stato impossibile fucilarli in massa, tantomeno portarli davanti alla giustizia. Per questo abbiamo pensato di farli sparire”.

È la prima volta che l’ex dittatore Jorge Rafael Videla ammette il piano di sterminio del regime militare argentino. Lo fa nel corso di venti ore di interviste raccolte nella stanza cella dove è rinchiuso presso un carcere speciale per ex militari, sta scontando la pena dell’ergastolo. A registrare la sua confessione è il giornalista Ceferino Reato, che sta per pubblicare un libro dal titolo Disposicion final, decisione finale, il nome in codice militare per chi doveva essere eleminato. Un libro destinato ad essere un best seller che aspira a raccontare la strategia del terrore nella concezione perversa dei gerarchi dell’epoca.

Videla è il più emblematico, generale dell’esercito a capo della prima Giunta militare che prende il potere il 24 marzo del 1976 “Ogni guerra ha le sue conseguenza tragiche, ma ci sono guerre necessarie per salvare un paese. Noi dovevamo disciplinare una società anarchica, salvare il paese dal populismo del peronismo, raddrizzare l’economia, controllare il sindacalismo selvaggio. Ci siamo proposti questi obbiettivi il giorno del colpo di Stato e abbiamo portato avanti questa missione con patriottismo e lealtà”. Videla non è pentito, fornisce la sua versione dei fatti, aggrappandosi alla teoria dei due demoni, della guerra civile imminente, dei militari che sono stati obbligati a prendere il potere per far fronte ai gruppi guerriglieri.

L’ammissione sui desaparecidos, dopo che per molti anni ne aveva negato l’esistenza, arriva tardi e non porta particolari utili alle inchieste in corso della magistratura. L’ex capo della Giunta Militare non fa nomi, non da indicazioni precise, nega l’esistenza di liste dettagliate dei sequestrati e degli scomparsi. “Non esistono registri precise, ogni corpo delle Forze Armate agiva da sé, l’informazione e sparsa, imprecisa”.

Immediata la reazione alle sue parole del mondo politico e dei gruppi di famigliari delle vittime. Estela de Carlotto, presidente delle Nonne di Piazza di Maggio ha affermato la sua indignazione soprattutto per il passaggio in cui Videla nega l’esistenza di un piano per sequestrare i bambini nei lager del regime. “Qualche militare ha rubato i neonati partoriti dalle detenute - ha affermato Videla - ma lo ha fatto per conto proprio e sono state delle irregolarità realizzate per mancanza di controllo interno. In alcuni casi è stato fatto a fin di bene, per poter dare una famiglia a ragazzini che sarebbero rimasti da soli. Io, comunque, non posso rispondere di questi delitti perché non c’era nessun ordine impartito dall’alto”. Le Abuelas stanno cercando ancora almeno quattrocento di quei neonati, che oggi sono quasi trentenni: sopravvissuti alla morte che è toccata ai loro genitori, ma costretti a loro insaputa a vivere nell’inganno.

Le ultime immagini di Videla



Videla parla di desaparecidos durante la dittatura

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