Egitto, dopo la strage allo stadio è crisi politica

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Gli scontri costati la vita a 74 persone a Port Said scatenano una serie di accuse incrociate tra i vari esponenti del governo. Il primo ministro pronto alle dimissioni. Nuovi tafferugli di fronte al ministero dell'Interno. VIDEO

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- Tifo violento, l'altra faccia (sporca) del pallone - Calcio violento in Egitto, era già successo ad aprile 2011

E' sempre più tortuoso il cammino dell'Egitto verso la stabilità dopo la caduta di Hosni Mubarak.
La strage di mercoledì 1 febbraio allo stadio di Port Said, dove 74 persone sono morte nei violenti tumulti divampati al termine di una partita di campionato (più di mille i feriti) e' degenerata in un vero e proprio terremoto politico.
E a poco più di un mese di distanza dagli ultimi scontri di piazza, il centro del Cairo è tornato ad infiammarsi con il confronto tra polizia e forze di sicurezza da un lato e dall'altro quei tifosi di calcio che avevano partecipato alle violenze di novembre e dicembre.

Dimissioni e accuse incrociate - Il Supremo Consiglio delle Forze Armate, al potere ormai da un anno, ha proclamato tre giorni di lutto nazionale, mentre il suo capo, Mohamed Hussein Tantawi, ha espresso "profondo rammarico" per l'accaduto.
Ma la giunta al potere è finita nuovamente nel mirino dell'opposizione e dei dimostranti. Il premier Kamal al-Ganzouri ha riconosciuto la propria responsabilità istituzionale in relazione a quanto è accaduto, e davanti al Parlamento riunito in seduta di emergenza si è detto pronto a "renderne conto" e ad "adempiere qualsiasi direttiva mi sia impartita", alludendo a un'eventuale rinuncia all'incarico.
Ma il Parlamento, che ha votato esprimendosi in favore dell'apertura di una inchiesta, ha presentato un reclamo formale contro il ministro dell'Interno Mohamed Ibrahim, accusandolo di negligenza. Ibrahim, ha destituito il responsabile dell'ordine pubblico a Porto Said, Essam Samak, mentre lo stesso Ganzouri ha decapitato i vertici della Federcalcio, rimuovendone sia il direttore sia il Consiglio Direttivo.
Anche il governatore della città portuale, situata all'imboccatura del Canale di Suez, ha rassegnato dimissioni subito "accettate".

Altri scontri - Al termine di una consultazione durata tre ore, diversi partiti dell'intero arco costituzionale, dai liberali del Wafd ai salafiti di al-Nour, hanno sollecitato l'assemblea a votare la sfiducia all'esecutivo, sostituendolo con un "nuovo gabinetto rivoluzionario in grado di garantire la sicurezza nel Paese".
Il direttore dell'impianto sportivo, Mohammed Younis, dal canto suo ha accusato la polizia egiziana di non essersi interposta tra le due fazioni per mera codardia. Nel pomeriggio migliaia di tifosi dell'Al Ahli hanno marciato per le strade del Cairo chiedendo "giustizia". I supporter della squadra della capitale si sono ritrovati davanti alla sede del club, nel quartiere Zamalek e il corteo è arrivato a piazza Tahrir, dove ha ricevuto la solidarietà dei manifestanti già accampati per esprimere il loro dissenso contro i militari.
I dimostranti, in gran parte molto giovani, hanno chiesto a gran voce le dimissioni del capo di Stato provvisorio Mohamed Hussein Tantawi. I manifestanti hanno infine raggiunto la sede del ministero dell'Interno, prossima a piazza Tahrir e presidiata da militari e polizia dopo gli assalti dello scorso dicembre.
Con loro c'erano anche supporter del club dello Zamalek, rivali nel calcio, ma oggi uniti dalla collera. Ne sono nati scontri, con lanci di pietre da una parte e lacrimogeni dall'altra. Più di 200 i feriti, una quarantina finiti in ospedale. Nessuno fortunatamente sarebbe grave, ma il bilancio è ancora provvisorio.

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