Libia: uccisi due fotoreporter a Misurata

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Uno scatto datato 20 aprile di Chris Hondros, fotografo di Getty Images ucciso a Misurata
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Altri due giornalisti sono rimasti feriti nell'esplosione di un colpo di mortaio. Cameron telefona a Obama e Berlusconi: "Rafforziamo l'impegno". Italia, Francia e Gran Bretagna inviano istruttori militari ai ribelli

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Due giornalisti sono rimasti uccisi e altri due feriti nell'esplosione di un colpo di mortaio lungo la via Tripoli, arteria principale di Misurata, città in mano ai ribelli sotto l'assedio delle truppe leali a Muammar Gheddafi. Si tratta di Tim Hetherington, regista con una nomination all'Oscar, oltre che noto fotogiornalista di Vanity Fair, e di Chris Hondros.

Hetherington, 41 anni, nato a Liverpool, girò lo scorso anno insieme a Sebastian Junger la pellicola sull'Afghanistan "Restrepo", che si aggiudicò il premio per il miglior film-documentario al Sundance film festival.  "A Misurata, città sotto assedio. Bombardamento indiscriminato da parte delle forze di Gheddafi. Nessun segno della Nato", ha scritto prima di morire, nel suo ultimo messaggio su Twitter . "Era appena arrivato a Misurata ed era preoccupato, era prudente e serio" racconta l'inviata in Libia di SkyTG24, Tiziana Prezzo, che aveva conosciuto qualche giorno fa Hetherington.

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Non ce l'ha fatta neanche Chris Hondros, 41 anni, fotogiornalista dell'agenzia Getty e finalista per l'edizione 2004 del premio Pulitzer ( guarda gli ultimi scatti di Hondros ). Secondo alcune fonti sarebbero stati anche feriti  Guy Martin, terzo fotografo che sarebbe in condizioni serie e un quarto fotografo, Michael Christopher Brown, che non sarebbe in pericolo di vita.

Intanto, mentre si continua a combattere in tutti i punti nevralgici della Libia , e proseguono senza sosta i bombardamenti aerei della Alleanza atlantica, il premier britannico David
Cameron ha contattato telefonicamente Silvio Berlusconi e Barack Obama spronando entrambi a "continuare la pressione militare e diplomatica" in Libia contro le forze di Muammar Gheddafi.

Gli alleati, intanto, mirano anche a rafforzare i rapporti con i ribelli, in vista di un eventuale ribaltamento degli equilibri nel Paese maghrebino. In quest'ottica, arriva l'annuncio dell'invio di consiglieri militari ai rivoltosi da parte di Gran Bretagna, Francia e anche dall'Italia. Il ministro della Difesa, Ignazio la Russa, ha reso noto che il nostro Paese metterà a disposizione del Consiglio degli insorti in Libia 10 istruttori militari. E anche Francois Baron, portavoce del governo francese, ha riferito che Parigi ha già mandato a Bengasi un pur "piccolo gruppo" di ufficiali di collegamento con compiti essenzialmente organizzativi.

Il presidente Sarkozy, nel ricevere Mustafa Abdel Jalil, il capo del Consiglio Nazionale Transitorio che amministra le aree liberate della Cirenaica, ha inoltre assicurato che intende intensificare ulteriormente i raid contro le forze fedeli a Muammar Gheddafi. A sua volta Abdel Jalil, reduce da un'analoga missione in Italia, si è impegnato a costruire una vera democrazia in cui, ha sottolineato, il capo dello Stato salga al potere "attraverso le urne, e non in cima alla torretta di un carro armato".

Nemmeno il regime però demorde e, oltre a continuare a stringere la morsa su Misurata e lungo la linea del fronte che corre tra Agedabia e Marsa el-Brega, cerca di trovare un varco per spezzare l'isolamento e presentare proposte proprie. Intervistato dalla 'Bbc'  il ministro degli Esteri Obeidi  ha affermato che, se cessassero gli attacchi alleati, sarebbe anche possibile andare alle urne "dopo sei mesi" e "sotto la supervisione delle Nazioni Unite": non soltanto per elezioni generali, bensì’ "per qualsiasi questione sia sollevata dai cittadini libici". Una dichiarazione che l'emittente pubblica del Regno Unito ha interpretato nel senso che Obeidi avrebbe "implicitamente" inteso affermare come "lo stesso futuro di Gheddafi" sarebbe suscettibile di costituire l'oggetto di una consultazione, vale a dire di un referendum.

A fronte di tali velate aperture, rimane la facciata più arrogante e appariscente della gerarchia al potere: il secondogenito e virtuale delfino di Gheddafi, Saif el-Islam, è infatti tornato a ripetere di essere "molto ottimista" giacché, ha puntualizzato, alla fine "saremo noi a vincere": a suo dire, infatti, "la situazione cambia di giorno in giorno a nostro favore". Frattanto però la Nato prosegue instancabilmente nella sua opera di demolizione sistematica delle infrastrutture libiche: dopo le reti di telefonia mobile e fissa, ha ammesso la stessa televisione di Stato, adesso tocca alle stazioni radio-televisive.

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