Libia, si combatte. Tripoli: "Vogliamo la fine della guerra"

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La città di Misurata resta assediata dalle milizie di Gheddafi. Secondo fonti mediche sono circa 160 le persone rimaste uccise nell'ultima settimana. Il vice ministro degli Esteri avrebbe rivelato l’intenzione di cercare una soluzione al conflitto

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Si continua a combattere in Libia a Brega e Misurata. Almeno un morto e molti feriti durante un bombardamento delle forze fedeli a Gheddafi nella città ribelle di Misurata. Le forze governative avrebbero bombardato anche Yafran, una cittadina circa 100 km a sudovest di Tripoli: 2 i morti e 4 i feriti.
Ma intanto arriva una notizia dalla Grecia, dove il vice ministro degli Esteri della Libia si è recato per incontrare il premier Papandreou. Secondo quanto riferito da fonti greche, Abdelati Obeidi avrebbe assicurato che la Libia vuole la fine dei combattimenti del Paese. “Pare che le autorità libiche cerchino una soluzione", ha detto il ministro degli Esteri greco Dimitris Droustas dopo il colloquio fra l'emissario di Muammar Gheddafi e Papandreou. "C'è bisogno - ha aggiunto - di una serio sforzo per la pace e la stabilità nella regione".

Continua la battaglia a Misurata - A Misurata, però, terza città della Libia a 200 chilometri da Tripoli controllata dagli insorti e stratta d'assedio da oltre un mese, le vittime delle ultime 48 ore sarebbero oltre 30. Un medico ha inoltre riferito all'agenzia Reuters che nell'ultima settimana le vittime sono state 160: una media, ha precisato, costante da quando i combattimenti in corso. "Moltiplicate per sei e fate voi i conti", ha aggiunto.
Le forze di Muammar Gheddafi, inoltre, avrebbero bombardato un ospedale uccidendo una persona e ferendone altre 15.

I ribelli si ritirano da Brega -
Gli insorti, intanto, si sono nuovamente ritirati da Brega, lo strategico centro petrolifero lungo la strada fra Tripoli e Bengasi. Dopo che sabato 2 aprile gli Shebab avevano annunciato la riconquista della città 800 chilometri a est della capitale, che segna il fronte dei combattimenti con le forze di Muammar Gheddafi, è stato deciso
un ripiegamento strategico imposto dalle imboscate dei cecchini lealisti. In particolare c'erano stati violentissimi scontri a fuoco nella zona dell'università, alla periferia di Brega.
Circa 300-400 guerriglieri sono stati visti ritirarsi 10 chilometri più a ovest, in una zona controllata dai ribelli.

Defezioni tra i fedelissimi del rais -
Intanto, dopo la fuga a Londra del ministro degli Esteri Moussa Kussa, anche il suo numero due Abdelati Laabidi ha abbandonato Muammar Gheddafi rifugiandosi prima in Tunisia e da lì avrebbe preso il primo volo per Atene. Lo
riferiscono fonti della sicurezza di Tunisi. Labifi è passato attraverso il valico di Ras Jdir, il principale posto di con fine tra i due Paesi. Lo riferiscono testimoni citati dalla Afp. Si tratta dello stesso percorso seguito il 28 marzo proprio dal Kussa anche se con modalità diverse visto che Labii viaggiava su un veicolo ufficiale con tanto di scorta. Kussa il 30 marzo prese invece un volo per Londra.

Fuoco amico sui ribelli - Il bombardamento da parte delle forze Nato di una colonna di insorti, che ha provocato almeno 13 morti e 7 feriti a Brega, rischia di far aumentare le  tensioni giù esistenti tra i vertici politici e militari delle forze dell'opposizione a Bengasi.
"E' stato un terribile errore, e ci scusiamo, non permetteremo  che succeda più" ha detto Abdul Hafidh Ghoga, vice presidente e portavoce del Consiglio transitorio nazionale, vale a dire il governo  provvisorio di Bengasi. Che, nelle ore immediatamente successive al  primo grave episodio di 'fuoco amico' registrato nelle due settimane di bombardamenti Nato, ha però cercato di prendere le distanze da un comandante militare, molto popolare tra i ribelli, a cui all'inizio aveva dato il pieno appoggio.

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