Google ci ripensa: “Restiamo in Cina. Ma no all’autocensura”

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Per ottenere la licenza che permette al motore di ricerca di operare nel Paese l’azienda di Mountain View abolisce il reindirizzamento automatico verso i server non filtrati di Hong Kong

Dopo mesi di contrasti tra Google e Pechino e polemiche globali sulla censura cinese, il colosso di Mountain View annuncia una nuova strategia. Cambiamenti, ancora non è chiaro quali, saranno apportati al portale e al modo in cui gli internauti della Cina potranno avere accesso ai suoi servizi. In un comunicato apparso sul sito web, il gruppo informatico americano afferma che dopo "una serie di conversazioni con funzionari cinesi appare chiaro che essi non ritengono accettabile" il metodo usato negli ultimi mesi, per aggirare la censura, ovvero il reindirizzamento automatico al sito di Google di Hong Kong dopo la chiusura, a marzo, del sito cinese.

Il 30 giugno scade la licenza accordata al gruppo per operare nella Cina continentale. Nel comunicato Google non fornisce dettagli sul nuovo metodo ma afferma che rispetterà l'impegno di rifiutare le forme di autocensura richieste dalle autorità rispettando nello stesso tempo le leggi cinesi. Lo scorso gennaio Google aveva denunciato alcuni attacchi informatici contro i conti di posta elettronica dei suoi clienti, in particolare dei dissidenti cinesi. Per tutta risposta la società americana aveva rimosso i filtri presenti su Google.cn, censurato dal 2006 in accordo con le autorità cinesi, e aveva minacciato di chiuderlo.

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