Aung San Suu Kyi condannata ad altri 18 mesi di domiciliari

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La corte birmana ha giudicato la leader dell'opposizione e Premio Nobel per la Pace colpevole di aver violato la legge sulla sicurezza con una sentenza di condanna a tre anni di reclusione. La pena è stata commutata a 18 mesi di arresti domiciliari

La leader dell'opposizione birmana Aung San Suu Kyi è stata condannata ad altri 18 mesi di arresti domiciliari. La sentenza originaria emessa dal tribunale speciale del regime del Myanmar era stata di
tre anni di carcere ai lavori forzati per violazione delle norme sulla sicurezza. Il  generale Than Shwe, capo della giunta militare al potere, ha tuttavia deciso di ridurre la pena, commutandola in un anno e mezzo agli arresti domiciliari.

E' stata una presunta violazione dei termini della detenzione ai domiciliari che ha portato ancora una volta la 64enne premio Nobel per la pace di fronte ad una corte militare.
L'accusa di aver ospitato senza autorizzazione un cittadino americano, John Yettaw, che lo scorso maggio aveva raggiunto la villa di San Suu Kyi attraversando a nuoto il lago del parco era scattata poco prima che la leader dell'opposizione finisse di scontare l'ultima condanna agli arresti domiciliari a cui è stata sottoposta quasi ininterrottamente dal 1989 ad oggi.

Suu Kyi ospitò il cittadino americano per due notti a casa propria, infrangendo secondo il regime i termini sulla base dei quali le erano stati concessi gli arresti domiciliari, condizione nella quale la 63enne numero uno della Lnd, la Lega Nazionale per la Democrazia, ha trascorso la maggior parte degli ultimi diciotto anni. Entrambi furono così arrestati. Da allora Yettaw, che soffre di diabete, è dovuto essere più volte ricoverato in ospedale, l'ultima una settimana fa, in preda a convulsioni di tipo epilettico; ieri comunque era stato dimesso e tradotto nuovamente in carcere.

Più pesante il verdetto emesso oggi a suo carico. Il 54enne statunitense John Yettaw, dovrà scontare in tutto sette anni di lavori forzati: tre ancora per violazione delle leggi sulla sicurezza, altrettanti per immigrazione illegale nel Paese asiatico, e infine uno per violazione delle norme municipali sull'attività natatoria.

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