A disporre il controllo giudiziario è stata la Sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano, che ha accolto le richieste dei pm della Dda Silvia Bonardi e Paolo Storari dopo gli accertamenti della finanza e dei carabinieri
Finisce in amministrazione giudiziaria per presunte infiltrazioni della 'ndrangheta la filiale italiana del colosso tedesco della logistica e dei trasporti DB Schenker, che conta in Italia 1.400 dipendenti, 37 filiali e centinaia di milioni di euro di fatturato all'anno. A disporre il controllo giudiziario, in base all'art. 34 del codice antimafia, è stata la Sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano, che ha accolto le richieste dei pm della Dda Silvia Bonardi e Paolo Storari dopo gli accertamenti della finanza e dei carabinieri. Lo stesso provvedimento è stato applicato anche ad un'altra azienda, la Aldieri spa.
Il commissariamento delle aziende
Sono i presunti rapporti tra i dirigenti di DB Schenker Italy e di Aldieri autotrasporti con una azienda riconducibile a Nicola Bevilacqua, imprenditore condannato definitivamente per associazione mafiosa di matrice 'ndranghetista, e ritenuto contiguo ad una cosca operante nel Vibonese, ad aver portato i giudici della sezione misure di prevenzione di Milano a disporre l'amministrazione giudiziaria della filiale italiana del colosso tedesco della logistica e della società con sede a Cavenago. L'uomo attraverso un'azienda intestata alla moglie, sarebbe riuscito ad infiltrarsi nei subappalti, per un valore di circa 2 milioni di euro in 5 anni, della filiale italiana del colosso tedesco. La richiesta di commissariare le due aziende per infiltrazioni mafiose è stata proposta dai pm della Dda Bonardi e Storari al termine di una complessa attività investigativa cominciata a partire dall'aprile 2020 in piena emergenza pandemica.
Le indagini
In particolare, sulla base degli accertamenti svolti dal Reparto operativo del Comando provinciale dei Carabinieri di Como e delle indagini economico finanziarie effettuate dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Milano, è stato rilevato che alcuni dirigenti, muniti di potere decisionale, delle due società avrebbero agevolato, in maniera quantomeno colposa o negligente, l'attività dell'imprenditore condannato per associazione mafiosa e dell'azienda a lui riconducibile. Carabinieri e fiamme gialle oltre ad eseguire il decreto firmato dai giudici presieduti da Giuseppe Cernuto, hanno effettuato perquisizioni locali e domiciliari, nelle provincie di Milano e Como. Schenker italiana è l'articolazione di un gruppo multinazionale, attivo nei servizi di logistica integrata a livello globale, con oltre settantamila dipendenti e più di duemila sedi sparse nel mondo.
Indagini nate da un sequestro di droga
Gli accertamenti della Dda sono scaturiti da un sequestro "di 30 kg circa di cocaina effettuato il 15 marzo 2020 al porto di Dover", in Gran Bretagna. Droga che era nascosta "all'interno di un tir contenente i bancali di derrate alimentari caricati due giorni prima" alla filiale di Guanzate (Como) dell'impresa italiana che fa parte del colosso tedesco. Lo si legge nel provvedimento di 38 pagine firmato dai giudici. Da quel sequestro, stando alle indagini, attraverso una testimonianza di un responsabile delle spedizioni della società sono venuti a galla "rapporti commerciali" tra Schenker Italiana e Nicola Bevilacqua, 70 anni, presunto appartenente al clan Mancuso, "radicati da tempo". Ed emergevano "rischi" che i trasporti della Schenker fossero "coinvolti" in traffici di droga, anche perché nel camion sequestrato a Dover c'erano pure "cinque bancali di prodotti caseari che la Fiuto Autotrasporti", azienda riconducile al presunto boss e intestata a sua moglie Anna Fiuto, "aveva prelevato il giorno prima, per conto di Schenker, da un'azienda in provincia di Piacenza e portato a Guanzate per l'esportazione in Inghilterra".
Giudici: "Gravi negligenze da parte dei manager"
Nel provvedimento dei giudici Rispoli-Cernuto-Spagnuolo Vigorita i magistrati parlano di una "condotta quanto meno gravemente negligente, per omesso controllo," da parte di alcuni dirigenti di Schenker Italy. Secondo quanto si legge nel decreto gli "esponenti della società muniti di potere decisionale (...) hanno intessuto e mantenuto stabili rapporti d'affari con Nicola Bevilacqua, agevolandone l'attività, benché questi sia stato condannato irrevocabilmente per associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso" e "sia stato - prosegue il decreto - sottoposto a misure di prevenzione personali (..) e patrimoniali" e pure "dichiarato delinquente abituale e sottoposto alla libertà vigilata dal 2008". Bevilacqua, 70 anni, è indagato dai pm di Milano per intestazione fittizia dell'impresa di autotrasporti alla convivente Anna Fiuto, impresa aperta immediatamente dopo la confisca dell'azienda di cui era titolare a causa dei procedimenti penali e che avrebbe gestito di fatto ottenendo lavori in subappalto da Schenker Italy. Quest'ultima, pur non essendo indagata, come non lo sono nemmeno i suoi dipendenti, si è vista commissariare ossia, per dirla in modo tecnico, affiancare un amministratore giudiziario per la "rimozione dei fattori inquinanti " e la "bonifica dei contesti inquinati, previa analisi" di tutte le sedi italiane "per verificare se esistano altre forme di infiltrazione".
L'intercettazione
"Anche in Schenker, volevano mandare via tutti! E prendersi tutti i posti loro!". Così intercettato nell'ottobre del 2020 il cognato di Bevilacqua parlava del parente e del suo "proposito", come riassumono i giudici di Milano nel decreto, "di imporsi all'interno" di Schenker Italiana, assieme al "figlio Giuseppe", e "acquisire quante più attività aziendali possibile". L'obiettivo del presunto boss, si legge ancora, era "spinto a livelli tali da essere ormai noto nel settore dell'autotrasporto e da determinare la cattiva fama acquisita dalla ditta di Anna Fiuto", la moglie di Bevilacqua e presunta 'testa di legno'. Azienda quest'ultima che sarebbe stata il "braccio operativo" del 70enne, il quale nei rapporti con Schenker, scrivono ancora i giudici, "replica lo schema operativo che anni prima aveva assicurato l'assoggettamento omertoso al clan Mancuso degli autotrasportatori operanti nel Vibonese e nel Lamentino", ossia "quello di 'mandare via tutti e prendersi tutti i posti'" anche con "attività estorsive". Estorsioni per le quali è già stato condannato in via definitiva, così come per associazione mafiosa.
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