Aggressione a Niccolò Bettarini, i giudici: “Coltellate potevano ucciderlo”

Lombardia

Lo scrivono i magistrati della Corte d’Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza emessa lo scorso 28 ottobre 

Erano "idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte" i fendenti con cui è stato colpito Niccolò Bettarini, figlio di Stefano Bettarini e Simona Ventura, aggredito la notte del primo luglio 2018 fuori dalla discoteca milanese 'Old Fashion'. Lo scrivono i giudici della terza Corte d’Appello di Milano, presieduta da Guido Brambilla, nelle motivazioni della sentenza emessa lo scorso 28 ottobre, con cui erano stati condannati a pene tra i 5 e gli 8 anni i quattro giovani coinvolti nell’aggressione, processati con l'accusa di tentato omicidio.

Le parole dei giudici

Secondo i giudici, gli aggressori hanno "agito allo scopo di provocare" alla vittima "un male non commisurabile, sicuramente gravissimo", e colui che materialmente lo ha accoltellato "ha diretto, con sicura ed univoca volontà i colpi alla parte superiore del corpo, ove sono collocati" gli "organi vitali". Il figlio della conduttrice e dell’ex calciatore, osserva la corte, ha potuto scampare alla morte solo grazie ai "movimenti" e alla sua "corporatura molto robusta" e per l'intervento "in suo soccorso" di alcuni amici. I giudici nelle motivazioni hanno anche osservato che "l'esame della idoneità degli atti a cagionare la morte della vittima deve essere condotto non già con riguardo all'entità delle lesioni sofferte dalla parte lesa, bensì alle modalità dell'azione". Anche se, annota la Corte, "l'esito dei colpi dà conto" della loro "caratura micidiale". Inoltre, si legge nell'atto, sebbene ciascuno degli imputati ha dato un "differenziato" e "diverso apporto" la "condotta criminosa (...) deve essere valutata come unica".

Confermata la sussistenza dei futili motivi

La Corte, nel ribadire la sussistenza dei futili motivi, ritiene "evidente (...) che gli imputati, sull'onda emotiva destata dalla concitazione della lite, senza dubbio alimentata da rancori precedentemente emersi (...), oltre che dall'uso di sostanze alcoliche, abbiano riversato tutta la loro violenza sul Bettarini (quella sera riconosciuto e additato come il figlio dell'ex calciatore, ndr), rimasto vittima di una aggressione brutale per ragioni senz'altro prive di ogni valido, o anche solo comprensibile fondamento". E per tanto, sottolinea, i quattro giovani condannati hanno dato "sfogo ad una violenza inaudita, e sicuramente non percepibile come 'proporzionata' secondo il sentire comune". 

La sentenza in appello

La Corte aveva accolto in pieno la richiesta del sostituto procuratore generale Giulio Benedetti di rideterminare, correggendole, le pene inflitte in primo grado per Davide Caddeo e Albano Jakej che sono passate da 9 a 8 anni di carcere per il primo e da 6 anni e mezzo a 6 anni e 4 mesi per il secondo. Per il resto ha confermato 5 anni e 6 mesi per Alessandro Ferzoco e 5 anni per Andi Arapi così come la provvisionale di 200 mila euro per il figlio della conduttrice tv.

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