Milano, truffa e riciclaggio tramite Bitcoin: indagate tre persone

Lombardia
Foto di archivio (Getty Images)

Nell’operazione, condotta dal nucleo centrale di polizia giudiziaria della polizia locale, sono stati sequestrati beni e contanti per un valore complessivo di 300mila euro 

Al termine di un’operazione condotta dal nucleo centrale di polizia giudiziaria della polizia locale di Milano, tre persone, residenti nel Napoletano, risultano indagate per truffa, riciclaggio tramite Bitcoin e attività di investimento finanziario senza esserne abilitati. Gli agenti hanno anche eseguito un sequestro di beni - tra cui orologi di valore - e contanti per un valore complessivo di 300mila euro.

Le indagini

Secondo quanto emerso, c'erano siti internet che pubblicizzavano false aste immobiliari, riconducibili a inesistenti studi legali. Il compratore versava un acconto di circa 20mila euro, ma la casa non la vedeva. Nel frattempo, i siti chiudevano e il denaro, dopo vorticosi giri su vari conti correnti, era investito in Bitcoin. Durante la conferenza stampa che si è svolta questa mattina nella la sede del comando in via Beccaria 19, il procuratore aggiunto Eugenio Fusco, a capo del Dipartimento Frodi e tutela dei consumatori e reati informatici, ha spiegato che l’indagine, coordinata dal pm di Milano Carlo Scalas e dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco ed eseguita dagli agenti della dalla Polizia Locale di Milano, comandati da Marco Ciacci, ha messo in mostra i "nervi scoperti" del sistema delle criptomonete, dove "tutti possono essere vittima di reati di questo tipo”. Gli indagati riciclavano somme versate come acconto dai truffati che avevano intenzione di acquistare case su siti che pubblicizzavano finte aste immobiliari. Gli inquirenti hanno calcolato che il giro d'affari, in un anno e mezzo, ha fruttato circa due milioni e mezzo di euro con un centinaio di persone vittime del raggiro. 

La falla del sistema bitcoin

In questo caso, la falla del sistema dei bitcoin - “un fenomeno da non criminalizzare perché assolutamente lecito” - è stata la mancata identificazione dell'intermediario che ha convertito le somme in bitcoin, come invece imposto dalla Legge 231 del 2007. Il denaro è stato reso tracciabile solo con il contributo della task force di Banca d'Italia che ha affiancato la Procura del capoluogo lombardo. Gli indagati, due uomini e una donna, che risulta non abbiano mai presentato la dichiarazione dei redditi, hanno acquistato e rivenduto valute virtuali per conto dei soggetti autori delle truffe delle false aste immobiliari, senza provvedere alle identificazioni, alle verifiche e alle segnalazioni imposte dalla legge. Quando i tre sono stati perquisiti con l'accusa di truffa e riciclaggio, sono stai trovati in possesso di quasi 200mila euro in contanti e numerosi orologi di valore.

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