Brescia, respinta l'istanza della difesa: Felice Maniero resta in carcere

Lombardia
Immagine di archivio (ANSA)

Il gip ha rigettato la richiesta dell’avvocato Luca Broli: il boss della Mala del Brenta, accusato di maltrattamenti sulla compagna, proseguirà la propria permanenza a Bergamo 

Respinta la richiesta di scarcerazione dell’avvocato Luca Broli, difensore del boss della Mala del Brenta, Felice Maniero, detenuto a Bergamo da una settimana con l’accusa di maltrattamenti sulla compagna. Il gip del tribunale di Brescia, Luca Tringali, ha rigettato dunque l’istanza.

La vita del boss della Mala del Brenta

Nato nel 1954 a Campolongo Maggiore, Maniero realizza le prime “gesta” criminali dal 1973 in poi assieme a un gruppetto che mette a segno furti ed estorsioni a locali della Riviera del Brenta. Il primo salto di qualità della banda viene compiuto a metà anni '80, con alcune rapine miliardarie, tra cui quella all'hotel ''Des Bains'' del Lido e quella al caveau dell'aeroporto Marco Polo di Tessera. In quell'epoca cominciano anche i primi regolamenti di conti. E il primo arresto, avvenuto nel 1980 ma solo per piccoli reati. Nel 1987 è la volta della prima fuga dal carcere di Fossombrone. Ma intanto la banda comincia ad arricchirsi anche con il traffico di droga, eroina e cocaina, tramite i contatti con Milano e Palermo, grazie ai quali la mala del Brenta acquisisce il monopolio nel Veneto, e diventa una potenza ''militare'' dalla fine del 1989 quando dalla Jugoslavia arrivano veri e propri arsenali. La maxi-inchiesta del giudice istruttore veneziano Francesco Saverio Pavone mette insieme i singoli episodi criminali nella zona configurando il reato di associazione mafiosa.

La cattura e la fuga dal carcere di Padova nel 1993

Nel 1991 fa rubare ai suoi uomini la reliquia del mento di Sant'Antonio nella basilica di Padova per ricattare lo Stato e chiedere la libertà del cugino. Il ricatto non ha esito. È una delle ultime gesta eclatanti di Maniero prima di essere acciuffato mentre si trova sul proprio yacht a Capri, nel 1993. Viene detenuto nel carcere di Vicenza, dove tenta l'evasione corrompendo due guardie penitenziarie che però si ravvedono e avvertono la direzione del carcere. Durante il processo assiste divertito al dibattimento davanti alla Corte d'assise veneziana, facendosi servire in ''gabbia'' spaghetti all'astice e prosecco. Alcuni giorni prima della sentenza, però, il 16 giugno 1994, un’altra evasione spettacolare, questa volta dal carcere di Padova, dove era stato trasferito, assieme al braccio destro Antonio Pandolfo e ad altri fedelissimi, corrompendo stavolta con successo una guardia penitenziaria. Giusto in tempo prima che i giudici lo condannino, il 7 luglio, a 33 anni di reclusione.

La collaborazione con le forze dell’ordine e il ritorno in libertà

Nel novembre 1994 le forze dell’ordine riescono a catturare Maniero a Torino: è l’arresto decisivo. Maniero decide di collaborare e disgrega definitivamente la banda. Il boss del Brenta torna libero nell'agosto 2010 con la fine dell’ultima misura restrittiva, con una nuova identità. Nella nuova vita sotto copertura Maniero si era messo in proprio con un'azienda di depurazione delle acque, fallita però nel 2016. Nel luglio 2019 appare in un video in rete – con il volto pixelato – dove annuncia la sua nuova trasformazione: quella in “guru” anti-inquinamento, per l'eliminazione delle micro-plastiche nell'acqua. "Buongiorno. Sono Felice Maniero, e da oggi il mio lavoro sarà quello di giornalista d'inchiesta", dice nel filmato.

L’ultimo arresto di Felice Maniero

Nell'ottobre 2019 Maniero è stato arrestato con l’accusa di maltrattamenti alla compagna. Le manette sono scattate dopo la denuncia della donna, la quale ha raccontato i maltrattamenti fisici e psicologici che è stata costretta a subire. Da questa estate, la compagna di Maniero viveva in una comunità protetta come chiesto e ottenuto in seguito a quello che, a sua detta, è stato l'ennesimo episodio di violenza.

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