Brescia, arresto di Felice Maniero: l’ex boss scrive alla figlia

Lombardia

“Mamma ha ingigantito tutto”, scrive l’uomo, denunciato per maltrattamenti dalla compagna. Era uscito dal carcere nel 2010 

Felice Maniero, ex boss del Brenta tornato in carcere il 18 ottobre a Brescia con l’accusa di maltrattamenti in famiglia (LA SUA STORIA), ha scritto una lettera alla figlia 18enne, avuta dalla compagna che lo ha denunciato accusandolo di maltrattamenti. Nell'ordinanza, sul retro della quale sono state scritte le parole per la figlia, sono riportate alcune minacce che Maniero avrebbe pronunciato nei confronti della donna, con la quale ha una relazione del 1993. Le contestazioni del pm bresciano Lorena Ghibaudo riguardano gli ultimi tre anni della coppia e alcuni litigi a cui avrebbe assistito anche la figlia 18enne, oggi rimasta sola nella casa dove Maniero vive da tempo in un quartiere residenziale a Nord della città.

Le parole del boss

"Torno presto, ma tu studia e vai avanti. Solo così mi fai felice. Mamma ha ingigantito tutto e ha raccontato cose che non ho fatto nemmeno quando ero giovane. Sei il mio tutto". Maniero ha scritto queste parole a mano sul retro dell'ordinanza di custodia cautelare che lo ha riportato in cella dopo essere uscito dal carcere nell’agosto 2010. Era stato condannato dalla Corte d'assise d'appello di Venezia a 11 anni di carcere grazie alle attenuanti generiche e a quella per la collaborazione.

Le violenze nei confronti della donna

"La donna era vittima di violenze fisiche e verbali diventate ormai quotidiane. Temeva le reazioni del compagno", scrive il gip di Brescia Luca Tringali nell'ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere Maniero. L'avrebbe obbligata a fare flessioni gridando, "colonnello 100 flessioni". Durante un altro litigio avrebbe detto: "Non sai con chi ti sei messa io comandavo 500 persone". Agli atti dell'inchiesta c'e un certificato di accesso al pronto soccorso del 21 maggio scorso: in quell'occasione la compagna di Maniero avrebbe manifestato agitazione e paura. Non ci sono però certificati medici in grado di certificare episodi di violenza fisica. "La donna non romanza e i suoi racconti sono circostanziati e precisi" scrive il gip di Brescia che ritiene credibile la donna che da luglio si trova in una comunità protetta. Per il gip bresciano il carcere è l'unica misura idonea perché "sarebbe illusorio il deterrente del braccialetto elettronico".

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