Il tema della Memoria nella mostra di Gianluigi Colin a Piacenza

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Sabrina Rappoli

Fausto Mazza

C'è tempo fino al 19 novembre per visitare la mostra a firma Gianluigi Colin, in corso a Piacenza. Arte, Storia e Memoria sono al centro dell'esposizione site-specific, nella maestosa chiesa sconsacrata di Sant'Agostino

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“Hanno un segreto, sono le tele di pulizia delle rotative dei giornali e le rotative delle tipografie, anche di libri e così via. Quindi, contengono dentro, simbolicamente, una memoria di immagini, di parole ed è anche metaforicamente quello che accade dentro di noi. Tante volte noi abbiamo visto tutti i processi dell’informazione, conosciamo il mondo, ci accompagnano le notizie, le informazioni, che poi si dissolvono dentro di noi. Queste tele sono la metafora di questa dissoluzione: una sorta di grado zero della scrittura. E’ un ritorno, un origine del nulla, attraverso un lavoro che ha una grande valenza estetica ed è ciò che più mi ha colpito quando le ho viste; una potenza estetica, che in più ha una valenza fortemente concettuale”.

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Fausto Mazza

Spiega così, Gianluigi Colin, Quel che resta del presente, la sua mostra site-specific, con la curatela di Achille Bonito Oliva, che sino al 19 novembre sarà visibile nella maestosa Chiesa di Sant’Agostino, a Piacenza. Il complesso, oggi sconsacrato, è  tornato a vivere grazie all’impegno della gallerista Enrica De Micheli. E’ qui che Colin ha portato una sessantina di tele, che drappeggiano muri e navate e creando un gioco di colori e movimenti catturano lo sguardo, che si perde affascinato tra di esse.

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Fausto Mazza

“La chiesa”, racconta Colin, “è stata oggetto di devastazione da parte dell’esercito napoleonico, il quale decapitò tutte le statue presenti all’interno dell’edificio. Mi è sembrato bello, attraverso i miei tessuti, ridare nuova vita. Quindi, ho creato delle teste di tessuto che ho messo sui corpi e le ho riportate a una nuova dimensione”.

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Fausto Mazza

Come dialogare con lo spazio, è stato uno dei temi da affrontare nell’allestimento della mostra. “Si tratta di uno spazio sacro, benché sia una galleria. Uno spazio che mantiene una sua forza di sacralità e una potenza estetica e formale. Uno spazio talmente importante e significativo che è molto difficile collocare qui delle opere d’Arte senza che siano letteralmente mangiate da questo spazio, dalla sua imponenza. Per asciugare questi teli, li avevo messi dentro le catene dello studio e così ho pensato che la stessa operazione potesse essere fatta qui. Considerate che la chiesa è altissima, una cattedrale. Ha le catene alte a 23 metri, così abbiamo preso una gru e abbiamo impiegato una settimana per montare questi materiali, è stato un lavoro particolarmente significativo.

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Fausto Mazza

Cosa lo ha ispirato lo racconta lui stesso. “Mi hanno ispirato due elementi. Il primo è che avevo visto in una chiesa del Sud degli addobbi delle celebrazioni della liturgia sacra e ho pensato che avrei dovuto fare la stessa cosa coi miei tessuti, evocando quella logica di sacralità che lo spazio impone. Il secondo è che attraverso questa sinuosità e circolarità e movimento che questi teli comportano, li ho riportati all’origine, da dove vengono, dalle rotative. Sembrano, sospesi come sono dall’alto, che siano dei flussi di giornali, proprio come accadeva un tempo nella pubblicazione dei quotidiani, nelle tipografie. Di più: questa ex chiesa è intitolata a Sant’Agostino, protettore dei tipografi e dei teologi”.

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“Una mostra che necessita di ampi spazi, che non potrà mai avere una gestione altrettanto significativa, se non in luoghi così imponenti”, specifica Colin, che assegna al tema della Memoria il fil rouge di questa interessante esposizione. 

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