Altan: “La vignetta ha bisogno di ambiguità. Il disegno? Mi fido più del testo”

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Filippo Maria Battaglia

Una delle vignette di Altan raccolte nel libro "A me gli occhi" (Salani)

Il fumettista e disegnatore è tornato in libreria con "A me gli occhi", una raccolta pubblicata da Salani. E durante "Incipit", la rubrica di libri di Sky TG24, dice: "L'esperienza? Ti porta a conoscere dei meccanismi che ti aiutano poi ad avere la giusta intuizione"

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Da più di mezzo secolo Francesco Tullio Altan infilza i luoghi comuni con un tratto essenziale e inconfondibile. Quel tratto anima anche il suo ultimo libro: si intitola “A me gli occhi”, l’ha pubblicato Salani e ha il merito, tra gli altri, di ricordarci come una buona vignetta non vada mai spiegata né descritta. "Lo scopo di questo lavoro è quello di proporre dei punti di vista diversi sulla realtà che abbiamo davanti", racconta durante "Incipit", la rubrica di Sky TG24 dedicata ai libri (qui tutte le puntate).

Nell'intervista, Altan parla della retorica e dei suoi rischi ("in Italia è una delle cose che sarebbe bello scrostarsi un po’, ma è dura"), della centralità del testo e del suo legame con il disegno ("mi fido più del primo, poi faccio una specie di casting tra i miei personaggi per decidere chi deve interpretarlo"). E ancora: del rapporto con il politicamente corretto e dell'importanza della durata e dell'esperienza in un lavoro creativo ("ti porta a conoscere dei meccanismi che poi ti aiutano ad avere la giusta intuizione").

"Disegnare è un’attività estremamente solitaria, ma il rapporto e il confronto con gli altri non è escluso ", racconta l'inventore di Pimpa e di Cipputi, che spiega come da quel confronto possano nascere anche reazioni imprevedibili e inattese: "La vignetta ha sempre bisogno di ambiguità, fa parte del linguaggio e dunque può capitare che qualcuno rida perché ha capito il contrario di ciò che volevi dire; ma questo è inevitabile: fa parte proprio della vita".

Antonio Moresco foto 2019 I

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