L'amore di Bonaparte per la Repubblica e l'Impero, per l'Arte classica e le Antichità nell'esposizione in corso fino a maggio, a duecento anni dalla morte dell'imperatore
Napoleone e il Mito di Roma. È evocativo il titolo scelto per la mostra in corso ai Mercati di Traiano, nel cuore della Capitale, divisa in tre sezioni. Un’esposizione che evidenzia l’amore di Bonaparte per l’Arte classica, per la Repubblica e l’Impero, riferimenti storici che, da grande condottiero e da uomo ambizioso e tenace, ebbe sempre presenti.
Napoleone e Roma, un incontro mancato
In realtà sappiamo che Bonaparte non giunse mai a Roma. La città, dopo la sua annessione all’impero francese, tra il 1809 e il 1814, iniziò una trasformazione urbanistica, peraltro incompiuta, per prepararsi alla visita dell’imperatore. I francesi volevano applicare a Roma quei criteri di ordine urbanistico che, nei loro intenti, l’avrebbero trasformata realmente in una seconda Parigi. Napoleone, però, morì a Sant’Elena nel maggio del 1821 e con lui finirono i sogni di trasferire la grandeur di Francia in terra italiana.
In mostra oltre 100 opere divise in tre macro-sezioni
Oltre 100 opere – tra cui sculture, dipinti, stampe, medaglie, gemme e oggetti di arte cosiddetta minore - disegnano il rapporto di Napoleone con l’Antico. La prima macro-sezione evidenzia il legame tra Bonaparte e il mondo classico, seguendo la sua formazione, anche attraverso l’adozione di diversi modelli tratti dall’Antico. Modelli che l’imperatore usava per trasmettere messaggi ora di potere, ora di buon governo, e per propagandare le conquiste militari e "divinizzare" la sua persona. La seconda macro-sezione è dedicata al rapporto di Napoleone con l’Italia e la città eterna. Qui le opere illustrano il suo ruolo come re di Roma.
La terza macro-sezione approfondisce alcuni aspetti relativi alla ripresa di modelli antichi nell’arte e nell’epopea napoleonica, come ad esempio quello dell’aquila romana.
Nel percorso espositivo i simboli del potere imperiale
La mostra termina col famoso quadro di Bonaparte con gli abiti dell’incoronazione, dipinto da François Gérard nel 1805 e conservato ad Ajaccio, nel Palais Fesch-Musée des Beaux-Arts: il dipinto lo immortala all’apice della sua gloria e rappresenta il compendio più evidente dell’uso che egli seppe fare dei simboli.
Simboli che costellano Napoleone e il mito di Roma, come la nudità eroica, le insegne del potere, l’alloro, l’aquila a uso e consumo del presente e del futuro: si rivolgono ai posteri e partecipano alla costruzione della leggenda dell’Imperatore.