Contratti: 10 mln dipendenti in attesa rinnovo

Lavoro
©Getty
GettyImages_istat_contratti

Come comunica l’Istat a fine giugno i contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica (21 contratti) riguardavano solo il 17,6% dei dipendenti - circa 2,2 milioni - con un monte retributivo pari al 18,4% del totale mentre erano 52 quelli in attesa di rinnovo per 10,2 milioni di dipendenti

Alla fine di giugno 2020 i contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica (21 contratti) riguardavano solo il 17,6% dei dipendenti - circa 2,2 milioni - con un monte retributivo pari al 18,4% del totale mentre erano 52 quelli in attesa di rinnovo, relativi a circa 10,2 milioni di dipendenti - l’82,4% del totale - cui corrisponde un monte retributivo pari all’81,6%. Lo comunica l'Istat sottolineando come nel trimestre aprile-giugno nessun nuovo accordo è stato recepito, mentre ne è scaduto uno (tessili, vestiario e maglierie).


Le quote di lavoratori e monte retributivo legato a contratti in attesa di rinnovo - continua l'istituto - sono più elevate di quelle osservate sia alla fine del trimestre precedente (a marzo 2020 pari rispettivamente a 80,4% e 79,9%), sia dodici mesi prima (a giugno 2019 pari a 42,0% e 44,2%). Il tempo medio di attesa di rinnovo, per i lavoratori con contratto scaduto, è leggermente aumentato, passando dai 15,8 mesi di giugno 2019 ai 16,6 mesi di giugno 2020, mentre l’attesa media calcolata sul totale dei dipendenti è più che raddoppiata: 13,7 contro 6,6 mesi.


E secondo l’Istat, nei primi sei mesi del 2020 la retribuzione oraria media è cresciuta dello 0,6% rispetto allo stesso periodo del 2019.  L’Istituto spiega che a giugno l'aumento congiunturale è dello 0,1%. Il dato maschera però andamenti molto divergenti fra i diversi settori: su base annua l’aumento registrato a giugno è stato dello 0,8% per i dipendenti dell’industria, dello 0,6% per quelli dei servizi privati e dello 0,3% per quelli della pubblica amministrazione.


I settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono quelli del credito e delle assicurazioni e degli alimentari (entrambi +2,3%) e dell’energia elettrica e gas ( +1,5%). L’incremento è invece nullo per i settori del legno, carta e stampa, del commercio, delle farmacie private, delle telecomunicazioni e degli altri servizi privati.


Commentando il dato l'Istat evidenzia come "in prospettiva, la dinamica retributiva registrata in questo periodo potrebbe mostrare caratteristiche di elevata persistenza, riflettendo gli effetti sia del rallentamento dei processi negoziali indotti dall’incertezza economica derivante dall’emergenza sanitaria sia della revisione verso il basso delle previsioni dell’inflazione per il 2020 e 2021, ampiamente inferiori al punto percentuale".

 

I più letti