Neil Young, le 10 canzoni più famose del cantautore canadese

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L’artista il 25 ottobre 2019 pubblica Colorado, il 39esimo album di una carriera costellata di capolavori, tra dischi memorabili e singoli leggendari. Da Cinnamon girl a Heart of Gold, passando per Cortez the killer e My My, Hey Hey: ecco suoi i brani più celebri

Con Colorado, il 25 ottobre 2019 Neil Young presenta ai fan il 39esimo album della sua infinita carriera. Il cantautore e chitarrista canadese ha debuttato giovanissimo con i Buffalo Springfield, prima di una breve parentesi con Crosby, Still e Nash. Poi ha intrapreso la strada solista, diventando una delle massime icone della musica contemporanea. Young, autore di dischi leggendari (da "After the Gold Rush" a "Harvest", da "On the Beach" a "Rust Never Sleeps") ha scritto e composto una straordinaria quantità di canzoni che sono entrate nella storia del rock. Dalla sua primissima raccolta solista, intitolata proprio Neil Young, all’ultima pubblicata nel 2019, ecco quali sono i brani più celebri, che l’hanno reso immortale.

Cinnamon Girl (1969)

Cinnamon Girl è uno dei primi brani di successo di Neil Young. L'artista lo inserì nell'album del 1969 Everybody Knows This Is Nowhere, e poi venne pubblicato come singolo negli Stati Uniti. Attraverso il testo, Neil Young manifesta il desiderio di incontrare la ragazza dei suoi sogni da amare, definita enigmaticamente "ragazza cannella" ("cinnamon girl"). Neil Young successivamente ha ammesso che scrisse questa canzone mentre era a letto con la febbre altissima nella sua casa di Topanga Canyon.

Cowgirl in the Sand (1969)

Cowgirl in the Sand è un altro brano che fa parte dell’album Everybody Knows This Is Nowhere del 1969. Anche in questo caso, il testo della canzone fu scritto dal chitarrista canadese mentre era bloccato a letto a causa della febbre alta. Ne nacque un brano enigmatico e oscuro che parla di una donna dallo stile di vita promiscuo (o più donne secondo altre interpretazioni). Nel corso degli anni sono stati diversi i critici musicali che hanno provato a dare di Cowgirl in the Sand un significato univoco e oggettivo. La melodia è una cavalcata elettrica con diversi famosi assoli di chitarra basati su una progressione di accordi discendente.

Down by the River - 1969

Dopo Cinnamon Girl e Cowgirl in the sand, non può non essere citato il terzo brano che ha reso immortale l’album Everybody Knows This Is Nowhere, ovvero Down by the river. Anche in questo caso, il significato del brano non è mai stato del tutto chiarito dall’artista che l’ha composto. Apparentemente sembrerebbe raccontare la storia di un omicidio, con il protagonista della canzone che spara alla sua donna, uccidendola. Lo stesso Neil Young ha fornito molteplici interpretazioni: durante un'intervista nel 1970 smentì la versione che voleva l’uomo descritto nel testo come un assassino. Successivamente, presentando la canzone durante un concerto del 1984, Young confermò che il brano parlava di un uomo "con un sacco di problemi a controllare se stesso".

Southern Man (1970)

Altro brano rimasto nella storia è Southern man, inserito da Neil Young nell’album After the Gold Rush del 1970. Una canzone che denuncia il razzismo nei confronti dei neri nel Sud degli Stati Uniti. Il testo descrive un uomo e il suo disprezzo verso gli schiavi di colore che lavorano per gli uomini bianchi. Nel suo pezzo, Neil Young si chiede quando il "Sud bianco" pagherà il proprio debito verso la popolazione di colore sul cui sangue ha costruito le proprie fortune. "Ho visto il cotone e ho visto il nero. Alti palazzi bianchi e piccole baracche. Uomo del sud, quando li ripagherai per questo?", canta Young, che riprenderà la tematica qualche anno dopo anche nel brano Alabama.

Heart of Gold (1972)

Heart of Gold è un singolo di Neil Young che fa parte dell’album capolavoro Harvest del 1972. Si tratta di una canzone che è stata inserita nel 2004 tra le 500 più belle di sempre dalla rivista Rolling Stones. È l'unico singolo di Young ad aver raggiunto la vetta della classifica negli Usa. Il pezzo, uno dei più famosi di Young, contiene contributi vocali da parte di James Taylor e Linda Ronstadt e fa parte della serie dei brani dell'autore costituiti da ballate acustiche country-folk. Nel periodo in cui lo scrisse, il cantautore era infortunato alla schiena e non riuscendo a suonare a lungo la chitarra elettrica decise di passare a quella acustica, più comoda da imbracciare anche da seduto o sdraiato. Indimenticabile l'intro con l'armonica a bocca, che Young suona poi nei diversi intermezzi strumentali.

The Needle & the Damage Done (1972)

Lungo appena 2 minuti e 3 secondi, The Needle & the Damage Done è un brano scritto da Neil Young nel 1972 che fa parte del celebre album Harvest. Anche in questo caso si tratta di una canzone di denuncia composta dall’artista canadese che descrive la dipendenza dalla droga di alcuni dei suoi più cari amici. Con questa ballata acustica, parla nello specifico di Danny Whitten, chitarrista dei Crazy Horse (il gruppo che da sempre accompagna Young) e dell’uso eccessivo di eroina che lo avrebbe portato alla morte poco tempo dopo. "Sono andato in città e ho perso la mia band. Ho visto l'ago prendersi un altro uomo, andato, perso, il danno è fatto", canta Neil Young. Si tratta di una delle prime canzoni a parlare apertamente degli effetti dell'eroina e qualche anno dopo, nelle note interne della compilation Decade, Young scrisse su questa canzone: "Non sono un predicatore, ma le droghe uccidono un sacco di grandi uomini”.

Revolution Blues (1974)

Revolution Blues è un brano inserito nell’album On the beach pubblicato nel 1974. Si tratta di una canzone piuttosto emblematica perché è chiaramente ispirata agli omicidi compiuti nel 1969 dalla setta di Charles Manson, personaggio che Young aveva personalmente conosciuto quando abitava a Topanga Canyon. Revolution Blues diventa così una delle canzoni più discusse e controverse dell'artista canadese, che nauseato dalla società statunitense dell'epoca, sembra identificarsi nello psicopatico Manson, specie in alcuni passaggi del brano come: "Ho sentito che Laurel Canyon è piena di famose star, ma io le odio peggio dei lebbrosi e le ucciderò nelle loro auto". In realtà, numerosi critici hanno sottolineato come il chitarrista non volesse affatto celebrare Manson, ma al contrario esorcizzarne la figura cantando una sorta di senso di colpa collettivo.

Cortez the Killer (1975)

Cortez the killer è un brano composto da Neil Young che fa parte dell’album Zuma uscito nel 1975. Lungo 7 minuti e mezzo, il cantato di Young arriva dopo oltre tre minuti strumentali e racconta fatti storici e vicende amorose che si fondono in un testo che è tutt’oggi tra quelli più apprezzati del chitarrista canadese. Cortez the killer, infatti, parla di Hernán Cortés, un conquistador spagnolo che invase il Messico nel 1520 e che nel testo viene definito come uno spietato assassino. La canzone, inoltre, cita il Re azteco Montezuma II e ad altri eventi avvenuti nel corso della conquista spagnola dell’America Latina. Ad un certo punto del brano, però, Young passa dalla terza alla prima persona singolare, facendo riferimento a una donna ignota e a una storia d'amore come se esistesse una connessione tra le relazioni amorose finite e la violenza dell'invasione imperialista. Anche questo brano è nella classifica di Rolling Stone delle 500 migliori canzoni di tutti i tempi.

My My, Hey Hey (1979)

My My, Hey Hey (Out of the Blue) è un brano che Neil Young ha voluto sdoppiare facendone una versione acustica e una elettrica, Hey Hey, My My (Into the Black), che aprono e chiudono l’album Rust Never Sleeps del 1979. Scritta poco dopo morte di Elvis Presley, la canzone è tra le più celebri di Neil Young. Un successo dovuto anche al fatto che il verso "It's Better to Burn Out Than to Fade Away", ovvero "È meglio bruciare che spegnersi lentamente", è diventato tristemente famoso perché citato da Kurt Cobain nella sua lettera d'addio lasciata poco prima di suicidarsi nel 1994. Per questa ragione, Neil Young, scosso dall'accaduto, dedicò poi a Cobain l'album Sleeps with Angels.

Rockin’ in the Free World (1989)

L'album Freedom del 1989 è considerato una rinascita artistica di Neil Young dopo un decennio difficile. La canzone di apertura del disco è una delle più famose del cantautore, Rockin’ in the Free World. Sono state registrate due versioni che occupano i due lati del singolo, una più acustica ed una elettrica. Molto particolare è la genesi di questo pezzo: pare infatti che l’idea di scrivere il testo derivi dalla frase che disse un componente della band quando si venne a sapere che un concerto già programmato nell’allora Unione Sovietica era stato cancellato: "We have to keep rockin’ in the free world", ("Dobbiamo continuare a rockeggiare nel mondo libero"). Così, Neil Young decise di partire da quel titolo per scrivere uno dei suoi più grandi successi.

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