Keith Haring, il genio visionario che ha reso l’arte accessibile a tutti

Spettacolo

I suoi omini dai contorni neri sono noti ovunque. Partito dalla metropolitana di New York, le sue opere sono diventate icone del mondo contemporaneo. Morto a 31 anni il 16 febbraio 1990, con i suoi disegni è riuscito a comunicare con i critici e con la gente comune

Una faccia simpatica, occhi rotondi cerchiati da un paio di occhiali, capelli radi ricci, corporatura gracile e immancabili t-shirt o felpe, Keith Haring non aveva l’aspetto del classico artista ma è stato capace di rendere l’arte accessibile a tutti: esposta sui muri e per le strade a uso e consumo dei passanti (LE OPERE). I suoi omini colorati con i contorni neri sono diventati un simbolo della seconda metà del Novecento, facendo di lui un’icona del mondo contemporaneo. Realizzando graffiti e murales, inizialmente nella metropolitana di New York, si è fatto conoscere nella Grande Mela e presto anche oltreoceano. È morto a 31 anni, il 16 febbraio 1990, ma le sue opere lo hanno reso immortale e annoverato tra i personaggi più influenti della scena artistica contemporanea, nonché tra i padri della cultura pop degli anni Ottanta (VIDEO).

Dalla Pennsylvania a New York

Sotto il segno del toro, il 4 maggio 1958, Keith Haring nasce a Reading, in Pennsylvania. Tra il 1976 e il 1978 studia grafica a Pittsburgh per poi trasferirsi, a 19 anni, a New York per studiare alla School of Visual Arts. Al disegno viene avvicinato dal padre, un ingegnere con la passione per i fumetti, e sin da bambino è affascinato dai personaggi dei cartoni animati di Walt Disney e del Dr. Seuss. Lasciata l’università dopo solo un semestre, si avvicina alla cultura hippy e inizia a girare l’America in autostop per vedere dal vivo le opere degli artisti americani.

I disegni nella metropolitana di New York

Sulle “perfette superfici nere e opache” della metropolitana di New York, con dei gessetti comincia a realizzare i primi disegni. I passanti in poco tempo iniziano a riconoscere le sue opere e a guardarlo mentre le realizza, trasformando il suo gesto in una performance. In una sola giornata arriva a realizzarne anche quaranta, spesso incorrendo in multe e arresti. “Era un confronto continuo con quelli che erano interessati a guardare, e anche uno scontro, con quelli che ti dicevano che era proibito disegnare lì - ha raccontato Haring - Ho discusso di sculture maya con un signore che sosteneva che i miei disegni ne avevano tratto ispirazione; ho parlato con barboni, ubriachi e bambini delle scuole elementari: facevano domande, commenti, e io rispondevo”.

Lo stile di Haring

Piccoli personaggi dai colori accesi contornati di nero e un tratto essenziale che ricorda l’arte primitiva: sono i segni distintivi della mano di Keith Haring. Figure elementari che sono diventate inconfondibili. Il ragazzo americano disegna principalmente esseri umani e animali inserendoli in contesti dalla potenza visiva e simbolica. La sua arte è provocatoria e divertente allo stesso tempo, influenzata da diverse correnti stilistiche che vanno dai fumetti ai Maya e all’arte precolombiana, ai pittogrammi giapponesi fino ad arrivare a Picasso. Agli strumenti e alle superfici tradizionali degli artisti, Haring preferisce spray, pennarelli e vernici che usa per decorare i muri delle città, come quelli di ospedali, chiese, negozi e discoteche portando per strada ciò che, fino a quel momento, era rimasto relegato nelle gallerie.

L’amicizia con Andy Warhol e Jean Michel Basquiat

Le foto dei lavori di Haring iniziano a circolare e, negli anni Ottanta, l’artista espone i suoi disegni al Club 57, un night dell’East Village dove si ritrovavano artisti e musicisti. Nel 1979 conosce Jean Michel Basquiat, artista con cui condivide le folli notti newyorchesi e i party fino all’alba, ma a dare una svolta alla carriera del ragazzo della Pennsylvania è l’incontro con Andy Warhol, con cui stringe un’intensa amicizia e che ne influenza lo stile. A presentarli è il fotografo Christopher Makos, ad accomunare i due artisti è il desiderio di ampliare la definizione di arte e rompere gli schemi. Tramite il padre della pop art, Haring entra in contatto con personaggi come Michael Jackson, Yoko Ono e Madonna. Da questo momento, inizia a stringere collaborazioni importanti con esponenti del mondo della musica e della moda, firmando le copertine di cantanti come David Bowie, per il quale realizza la cover del singolo “Whitout you”, e ispirando le collezioni di stilisti come Vivienne Westwood e Yves Saint Laurent. Con le sue opere collabora anche con i marchi Swatch e Absolute Vodka, rendendo la sua arte ancora più accessibile a tutti.

I temi ricorrenti

La violenza, il sesso, il denaro, la televisione e la droga sono tra i temi ricorrenti di Haring che, pur non volendo fare politica, con le sue opere si è fatto promotore di tematiche sociali importanti, come la campagna contro l’Aids, la diffusione dell’uso del preservativo e la lotta alla discriminazione verso gli omosessuali. Per far aprire gli occhi alle persone, i suoi disegni sono estremamente espliciti e ricchi di figure erotiche. Malato di Hiv e dichiaratamente gay, il suo obiettivo è far conoscere la malattia, soprattutto ai giovani, per fare prevenzione e combattere contro i pregiudizi. Riguardo alle sostanze stupefacenti, l’artista non nega di averne fatto uso in giovinezza, ma condanna fortemente il crack, considerata una droga che rende dipendenti e aggressivi.

La tutela dei bambini

Haring ritiene l’infanzia l’unica età pura della vita, una fase in cui non si è ancora plagiati dalla società, per questo nutre un’attenzione particolare nel comunicare la sua arte ai più piccoli. “Non ho mai realizzato disegni con temi erotici nella metropolitana, per via dei bambini - ha scritto nel suo diario - loro per me rappresentano il futuro, l’immagine della perfezione”. E l’artista, durante la sua attività, lavora anche con le scuole dei quartieri poveri in tutto il Paese. Per il centesimo anniversario della Statua della Libertà, nel 1986, invece, ne dipinge una alta come un palazzo di dieci piani insieme a mille bambini.

La street art e commercializzazione delle sue opere

I graffiti e le opere di street art dell’artista hanno il principale scopo di trasmettere un messaggio all’osservatore. Dipinge su muri di grandi dimensioni a Manhattan, Barcellona, Chicago, Monaco e persino sul muro di Berlino, vicino alla Porta di Brandeburgo, tre anni prima che venisse abbattuto. Intanto, a SoHo, Haring apre un negozio e comincia a diffondere le riproduzioni delle sue opere con la vendita di magliette, poster e gadget. È stato tra i primi artisti a commercializzare da solo la propria arte.

L’arte accessibile a tutti

I disegni in luoghi pubblici, le collaborazioni con musicisti, case di moda e aziende di vario tipo, la vendita delle riproduzioni delle sue opere hanno un solo scopo: rendere l’arte accessibile a tutti. Ed è lo stesso Haring a spiegarlo, quando dice: “Nel mondo borghese l’arte è diventata elitaria, appannaggio di chi può comprarla, così la gente comune non la capisce e dunque non la ama. L’arte è per tutti, e questo è il fine a cui voglio lavorare”.

La malattia, l’ultima opera e la morte

A ventinove anni Haring viene trovato positivo all’Aids e l’anno successivo, nel 1989, crea una fondazione per raccogliere denaro e risorse per le associazioni che si occupavano di assistere le persone affette dal virus dell’HIV. Diventa inoltre promotore del sesso sicuro e per trasmettere il messaggio con leggerezza e umorismo inventa il personaggio di Debbie Dick. Proprio nel 1989 realizza il suo ultimo grande murale, considerato da molti il suo lavoro migliore: “Tuttomondo”, dedicato alla pace universale. Il suo sogno è lavorare in una città storica italiana e per l’opera sceglie la chiesa di Sant’Antonio a Pisa. Affetto da una forma di cancro che spesso accompagna l’Hiv, le sue condizioni peggiorano presto e l’artista muore il 16 febbraio 1990 a New York. Con l’avvicinarsi della morte ha dato vita alla Keith Haring Foundation a cui ha affidato la sua eredità e i suoi fondi in denaro con l’obiettivo di continuare a promuovere l’arte e le attività filantropiche.

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