MilanOltre, “A.semu tutti devoti tutti?”: uno spettacolo tra religione, malaffare e rock

Spettacolo

Chiara Ribichini

La coreografia di Roberto Zappalà, che ha aperto il festival MilanOltre, si ispira alla festa di Sant’Agata per scandagliare il rapporto tra popolo e devozione. Una performance che invita anche a riflettere sul fanatismo e sul rischio di infiltrazioni mafiose. VIDEO

Misticismo, espiazione, fanatismo religioso. La Sicilia a tutto tondo, con tutte le sue sfaccettature. Anche quelle più oscure legate alla mafia e al malaffare. A. semu tutti devoti tutti?, lo spettacolo della Compagnia Zappalà Danza che ha aperto la 33esima edizione del festival MilanOltre al Teatro Elfo Puccini, è un ritratto della festa di Sant’Agata a Catania che supera i confini della città per scandagliare il senso del sacro nell’animo umano, quel rapporto tra popolo e religione che in alcune terre riesce ad esprimersi in tutta la sua potenza. E che mette a nudo lo spettatore di fronte alla domanda suggerita dal titolo: siamo tutti devoti?

Tra contact e rock: sul palco la festa di Sant’Agata

La “A” del titolo dello spettacolo sta per Agata, la santa patrona di Catania. La martire a cui sono stati strappati i seni, una punizione per aver rifiutato le avances del proconsole. A lei la città dedica ogni anno una festa, all’inizio di febbraio, che figura tra le più importanti del mondo cattolico. Sulla scena costruita da Zappalà, Agata è un corpo nudo che scivola tra le braccia dei danzatori che si muovono all’interno di uno spazio delimitato da pareti di reggiseni bianchi, simbolo del martirio. Movimenti che si snodano lentamente, con gli stessi tempi dilatati di una processione. E che, con la  musica dalle note “sofferte” suonata dal vivo, stringono lo spettatore in un ritmo e in una tensione che porta quasi all’esasperazione. Fino alla liberazione, a quel cambio di registro, anche musicale, che riporta il pubblico in una dimensione quotidiana, lontana dal misticismo della festa. La stessa con cui si era aperto lo spettacolo, sulle note di “Money for Nothing” dei Dire Straits. Tutto scorre nei corpi dei danzatori della compagnia Zappalà con uno stile che esplora movimenti nuovi trovando un linguaggio proprio estremamente funzionale alla narrazione. Una danza contemporanea energica, fisica e potente che tanto attinge dalla contact improvisation.

Religione, tifo e malavita

In chiusura sullo schermo posizionato nel fondale, che durante lo spettacolo ha restituito immagini dei tifosi del Catania (che proprio nell’anno del debutto della coreografia, il 2009, hanno esultato per il debutto della loro squadra in serie A), appare Carmen Consoli, catanese doc, al centro di uno stadio completamente vuoto che ripropone in chiave rock il canto delle monache clarisse. E si manifesta limpida quella linea che può unire la religione al tifo: quella del fanatismo. Non solo misticismo e religione però. A. semu tutti devoti tutti? è anche uno spettacolo di denuncia sociale, come spiegato dallo stesso coreografo Roberto Zappalà che sale sul palco al termine della performance. Il riferimento è al processo su presunte infiltrazioni mafiose nell’organizzazione della processione che era in corso nel 2009, anno della creazione della coreografia vincitrice del premio Danza&Danza. E l’invito oggi, dieci anni dopo, con gli indagati assolti e con le regole della festa modificate, è quello di continuare a riflettere e a vigilare.

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